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Lo psichiatra Sergio Piro stringeva le mani a tutti gli internati che altri scansavano per allontanare la puzza di piscio e il disgusto. «È il primo segno di contatto, quando vedi una persona». La sua umanità lo portava a spiegare un gesto, ciò di cui resta traccia nelle menti fragili: un insegnamento indimenticato dal suo accompagnatore che aveva chiamato il professore una sera. Al telefono di casa, senza conoscerlo, per chiedergli di firmare un appello. «Sono Dario Stefano dell'Aquila»: e, dall'altra parte del cavo, parecchio tempo prima dell'invenzione degli smartphone, un luminare pronto a dire sì («In cambio di non sentirsi dare del lei»). A tendere la mano, nella circostanza, a un 25enne, e adesso che l'ex ragazzo ne ha compiuti 46 si alza in piedi per intervenire ad assemblee e convegni (dpcm permettendo) e ogni volta sembra toccare il soffitto, senza allungare l'indice. Laureato in Scienze Politiche, dottorato a UniRoma3: sotto la sua lente «istituzioni totali, vulnerabilità e intervento sociale», scrive nella sua biografia. Funzionario legislativo alla Regione Campania. Il suo impegno della parte degli ultimi si concretizza fondando Antigone in Campania, l'associazione per i diritti e le garanzie nel sistema penale e penitenziario, e in qualità di componente dell'Osservatorio nazionale sulla detenzione, ma indicare un incarico è riduttivo. Per Dell'Aquila diventa quasi un rito a Ferragosto entrare nel carcere di Poggioreale, visitare i luoghi dell'esclusione come l'Ospedale psichiatrico giudiziario di Sant'Eframo attraversato con Piro per ottenerne la dismissione. E realizzare articoli, inchieste e libri. Ad esempio, l'ultimo su «Cosa resta del manicomio criminale» (In Cartografie Sociali - Rivista di sociologia e scienze umane, volume n. 9 maggio/2020). Dove non scrive, chiaramente, cosa lo spinge ad andare lì dove nessuno vuole. «Per capire la libertà, bisogna andare in quei luoghi dove non c'è», dice, esprimendo una personale esigenza di sentirsi vivo dentro un racconto collettivo. Ma, portando con sé la leggerezza che si comprende proprio attraverso le negazioni. Difatti, Dario divora libri e restituisce citazioni eleganti (tra le ricorrenti, Camus, Foucault, Basaglia) nuota forte a stile e si appresta con la chiusura delle piscine a praticare lo yoga sul tappetino di casa, afferra il lato positivo, usando l'ironia.
Cacciatore di storie dimenticate, la sua donna, Imma Carpiniello, diventa così compagna, Snoopy e Linus personaggi neanche tanto immaginari e Antonio Esposito, con cui condivide passione e copertine, la sua metà letteraria in quanto giornalista e libero ricercatore, esperto di psichiatria e razzismo («Le scarpe dei matti» , Edizioni A Est dell'Equatore 2019, il suo impegno monumentale) «Siamo una coppia di fatto», sintetizza Dell'Aquila.
Il Mattino