Patrizio, dalla salumeria allo studio dell'arte: «I primi disegni sulla carta del pane»

Patrizio, dalla salumeria allo studio dell'arte: «I primi disegni sulla carta del pane»
Ha il nome e la grinta di un pugile. E intona le canzoni della tradizione, dopo averle ascoltate per caso. «Storpiate da un detenuto agli arresti domiciliari, con il sole e...

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Ha il nome e la grinta di un pugile. E intona le canzoni della tradizione, dopo averle ascoltate per caso. «Storpiate da un detenuto agli arresti domiciliari, con il sole e con la pioggia, affacciato a un minuscolo balcone su via dei Tribunali», sorride con l'indulgenza che si deve alla realtà, quando supera l'immaginazione. «Quanta bellezza c'è in quelle armonie e in quei versi in dialetto. E la bellezza non stanca mai». Gaetano Patrizio Sbriglione, 43 anni tra sette giorni esatti, siciliano d'origine e napoletano di adozione, è un artista a tutto tondo: pittore e ceramista, baritono diplomato al Conservatorio, che si esibisce nei teatri, proponendo un repertorio non solo classico: nel 2013 figura infatti tra i protagonisti del «Flauto Magico», capolavoro di Mozart; il suo ultimo spettacolo ai tempi (e con le restrizioni) del Covid - «Nobili spettatori», scritto da Nando Citarella e promosso da Entroterre Festival, nell'estate scorsa. «Il mio brano preferito è Dicitencello vuje, disperata dichiarazione d'amore interpretata dai grandi», continua nel racconto senza abbandonare l'espressione di serenità ricercata in qualsiasi circostanza, data dal carattere più che dall'età. E anche l'altra passione lega il quarantenne e la sua storia con le strade partenopee che nel centro storico sono prosieguo dei corridoi delle case, e sono i decori degli interni dei palazzi o che impreziosiscono i giardini. Un'altra scoperta senza entrare dentro la città, e sentirsene parte, altrimenti invisibile. «Il chiostro del monastero di Santa Chiara, ad esempio, ha motivi ricorrenti nei miei lavori, di matrice araba. E le sue sedute richiamano quelle di Caltagirone, dove abita ancora la mia famiglia». In un posto speciale: nel primo appartamento sulla Scalinata di Santa Maria del Monte, 142 gradini, ognuno impreziosito da maioliche diverse, dalla più moderna alla più antica. E qui si ritorna all'origine. In salita.

«Negli anni più duri della mia infanzia, mio padre mi spiegò di avermi chiamato, oltre che Gaetano come il nonno, Patrizio: in omaggio a Patrizio Oliva, il campione della boxe che nell'Ottanta vinse poi la medaglia d'oro alle Olimpiadi di Mosca. E anch'io già allora sognavo di fare grandi cose, cioè quello che faccio oggi: dipingere e cantare». Sbriglione bambino non indossa, dunque, i guantoni e non si allena da solo sul terrazzino come il boxer più famoso. Ruba, invece, la tavolozza di colori agli artigiani che lavorano a due passi, nel paese siciliano che fa parte del Vallo di Noto. E disegna, mentre aiuta il genitore nella salumeria di famiglia. «Affetto la mortadella e avvolgo il pane nella carta piena di graffiti, e mio papà si arrabbia. Ma io continuo, ogni volta, ritraendo i personaggi dei cartoni animati», e sembra di vederlo tratteggiare volti e corpi. «Passo ai cigni, ai gatti e agli occhi, che sono una finestra per guardare l'anima. A 14 anni mi iscrivo al liceo artistico». E, considerata l'esperienza fatta in bottega, è subito tra gli allievi più bravi che si fanno notare. Partecipa a mostre ed eventi, chiude il ciclo di studi con una sua personale esposizione in Comune. Appena maggiorenne. «Completata la scuola d'arte, decido di iscrivermi al Conservatorio per seguire l'altra mia passione». Cambiare città, significa doversi mantenere negli studi. Così, dall'olio su tela, Patrizio accetta di cimentarsi come ceramista, e gli riesce bene. Fino a rielaborare a suo modo la tradizione, proponendo teste di donne e smalti carichi di sentimento. «Il verde ramina, che ricorda il mare e contatto con il fondo, è imprevedibile in cottura e può assumere mille sfumature. Ha sempre varianti, come nella mia vita, il voler fare tante cose», spiega Sbriglione, che ha anche creato l'associazione Il codice dell'arte. Viaggi e poesie sono fonte di ispirazione. «Addosso al viso mi cadono le nottie anche i giorni mi cadono sul viso», è Patrizia Cavalli. O Alda Merini con «I poeti lavorano di notte, quando il tempo non urge su di loro, quando tace il rumore della folla e termina il linciaggio delle ore». Sì, perché «i poeti lavorano nel buio come falchi notturni od usignoli dal dolcissimo canto e temono di offendere iddio». recita con dolcezza Patrizio. «Ma i poeti nel loro silenzio fanno ben più rumore di una dorata cupola di stelle». E la sua arte splende.

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Il Mattino