I giornali hanno un’anima e un cuore. L’anima è la loro storia. Il cuore è la passione di chi li fa. Ma tutto questo non basterebbe se non ci fosse...
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Quando si dice: «Il Mattino è il mio giornale» non si fa un atto di fede. Si rinnova un patto tra chi scrive e chi legge. Milioni di napoletani, di campani, in particolare modo di donne e uomini del sud, ogni mattina, ovunque si trovassero, hanno cercato in quelle pagine qualcosa della loro identità.
Auguri a «Il Mattino». 125 anni non sono pochi. Sono un bel traguardo. Sentire la responsabilità ma non sentire il peso. La responsabilità di chi oggi fa il giornale che è stato, da Matilde Serao e Edoardo Scarfoglio, prima di tutto un luogo di idee, di confronto, di impegno civile. E anche di provocazioni. Di invenzioni e di leggerezze. Una fotografia della vita.
Su queste pagine hanno scritto autori, studiosi, artisti che hanno fatto la storia della cultura. E non solo. Sarebbe giustificato avvertire il peso di questo bagaglio. Invece per tante generazioni di giornalisti, che spesso sono emigrati verso altre testate portando la loro professionalità e il loro impegno, il peso si è trasformato in obbligo morale: fare bene il proprio lavoro.
Ovviamente a volte si sbaglia. E anche in modo pesante. Decisivo è che resti saldo il patto con i lettori. Che riconoscono al «loro» giornale libertà, equilibrio, attenzione alla pluralità delle voci, serietà e forte moralità.
Auguro a «Il Mattino» di rimanere «un amico» di cui fidarsi. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino