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È un vero e proprio rendez-vous di esperti quello che si è svolto on-line nei giorni scorsi nell’ambito del progetto “Colestoral”, che ha lo scopo di presentare lo stato dell’arte sulle conoscenze delle ultime terapie mirate ad abbassare i livelli di colesterolo sia da un punto di vista farmacologico-clinico, sia da un punto di vista regolatorio. Il tutto con il preciso intento di condividere un percorso comune tra tutti gli attori del sistema sanitario che tenga conto dei limiti e dei vantaggi di una terapia innovativa e di grande respiro farmacologico.
«Recentemente sono stati sviluppati farmaci che sono in grado di ridurre i livelli di colesterolo come mai prima», spiega Giovanni Esposito, direttore di cardiologia Emodinamica e Utic, nonché direttore della Scuola di specializzazione della Federico II di Napoli. «Un cambiamento che ha portato alla nascita di moltissimi studi, anche nell’ambito della prevenzione dell’infarto del miocardio. È stato dimostrato che questi farmaci abbassano il cosiddetto “colesterolo cattivo” (vale a dire l’Ldl) al di sotto di target prima difficilmente raggiungibili, anche al di sotto di 70.
Quello descritto dal professore Esposito è insomma un cambiamento, che ha portato a riscrivere le linee guida sulla base di valori ben più bassi che in passato. «Proprio i risultati prodotti da questi farmaci ci dimostrano che portare il colesterolo su valori così bassi consente di ridurre le morti collegate ad eventi cardiovascolari». E la differenza non riguarda solo l’efficacia, ma anche la tollerabilità da parte dei pazienti. I nuovi farmaci sono infatti tollerati anche da pazienti che prima non potevano utilizzare le statine. Ovviamente, questo non significa rinunciare a stili di vita sani, in alcuni soggetti (ad esempio con una componente genetica) resta essenziale eliminare quanto più possibile i fattori di rischio.
In un quadro così fluido e ricco di innovazioni, un valore aggiunto arriva dall’impiego combinato di farmaci e dal confronto multidisciplinare. «Genera un vantaggio economico, ma soprattutto un grosso plus sotto il profilo dell’aderenza alla terapia. Adoperare una combinazione di farmaci - spiega l’esperto - consente di raggiungere target che con una singola compressa non possono essere raggiunti. Con queste terapie combinate si ottengono insomma i migliori risultati». Inoltre, «il confronto tra le varie esperienze è l’unica strada che può portare la Sanità a un livello più alto. Molte patologie richiedono competenze ultraspecialistiche e la discussione non solo tra clinici, ma tra tutti gli stakeholder, è indispensabile. Oggi abbiamo una grande difficoltà a trasmettere alla popolazione messaggi importantissimi, questa è, e resta, una parte essenziale del compito che ci attende».
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