2022, la tv tra top e flop: da Fiore ad Ama e le serie un carosello napoletano

Le piattaforme sempre più all'assalto dei canali generalisti

2022, la tv tra top e flop: da Fiore ad Ama e le serie un carosello napoletano
Il 2022 delle tv? Generaliste in trincea di resistenza, piattaforme in espansione ma al limite dell'overdose, capaci più di rubare biglietti al cinema e voglia di...

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Il 2022 delle tv? Generaliste in trincea di resistenza, piattaforme in espansione ma al limite dell'overdose, capaci più di rubare biglietti al cinema e voglia di uscire al pubblico meno giovane che di reinventare l'entertainment. Fiorello e Sanremo a parte, lo show è un paese per vecchi, le serie no, su Canale 5 Maria De Filippi è sovrana solitaria, Cattelan non trova la sua misura, la Michielin sì, ma «X Factor» non brilla lo stesso, la Fagnani è una bella «Belva», ma...

Se dobbiamo dare retta agli ascolti, Viale Mazzini se la cava bene, almeno nell'eterno confronto col network berlusciano: dai dati dell'anno che sta finendo emerge che sulla distanza dell'intera giornata le tre reti Rai fanno registrare il 30,1% di share distanziando le tre dirette concorrenti, al 25,5%. E in prima serata il distacco aumenta: reti Rai al 32,0% contro il 25,8 di quelle Mediaset. Raiuno batte Canale 5, restando regina con il 18,2% di share nelle 24 ore e il 20,5% in prima serata.

Ma alle calcagne delle tv generaliste ci sono le piattaforme, scatenate. Presto le due classifiche - tv e piattaforme - si separeranno, unite ormai solo da uno schermo sempre meno piccolo. Schermo, schermo delle mie brame, dicci, chi è il più bravo del telereame?

LA TOP TEN
1) Fiorello: «VivaRai2!» (Raidue)
L'arte del varietà rinnovata, con una potenza di fuoco devastante. Con lui il mattino, e il secondo canale, ha davvero l'oro in bocca, il Tg1, e la rete ammiraglia, no. Peggio per loro.
2) Amadeus: «Festival di Sanremo 2022» (Raiuno)
Nuovo padre-padrone di Viale Mazzini non ha esportato nei suoi altri show il vento di novità portato all'Ariston, conservando intatta l'allure da «normal man» che lo accompagna in show e game show, ma provocando i «Brividi» al mondo della canzonetta italiana, svecchiato di botto, grazie (anche) a lui.
3) «Una squadra» di Domenico Procacci (Sky)
Quella della docuserie è arte complicata, spesso frequentata con penalizzante economia di mezzi e di archivi/diritti. Qui la nazionale di tennis che vinse, prima e unica, la Coppa Davis nel 1976 contro il Cile si fa racconto epico-picaresco. Barazzutti, Bertolucci, un Panatta in formissima, Zugarelli e capitan Pietrangeli sono narratori da commedia all'italiana.
4) «Esterno notte» di Marco Bellocchio (Raiuno/Netflix)
Bellocchio è tornato sul luogo del delitto, del sequestro, del racconto. Vent'anni dopo «Buongiorno, notte», la serie sul sequestro Moro funzionare come evento al cinema, oltre che in tv e su piattaforma. Ogni puntata è un diverso punto di vista dello stesso racconto, costruito come in una sinfonia in crescendo, come un puzzle che si rivela solo alla fine, anche se sembrava chiaro sin dall'inizio. Cast in stato di grazia: Gifuni/Moro, sua moglie/Buy, Cossiga/Russo Alesi, Papa Paolo VI/Servillo.
5) Drusilla Foer (Raiuno)
A Sanremo e il David di Donatello ha portato un vento di freschezza, rompendo gli schemi come un tempo faceva un Paolo Poli. Anche se poi resuscitare «L'almanacco del giorno dopo» non le ha portato fortuna.
3) Alberto Angela (Raiuno)
È il terzo, e ultimo, dei moschettieri della tv pubblicata. Salutato papà Alberto, è ripartito con «Stanotte a Milano», che non poteva essere scintillante come l'esperienza napoletana, ma ha comunque evitato (quasi) tutti i luoghi comuni possibili.
7) «The bud guy» di Giuseppe Stasi e Giancarlo Fontana (Prime Video)
Nella narrazione della mafia in tv ne è passata di acqua sotto i ponti dai tempi di «La piovra». Se il genere è stato terremotato dai Soprano più che da «Gomorra», qui Luigi Lo Cascio è insieme magistrato e boss e il tono alterna quello del dramma e del comico.
8) «The bear» di Christopher Storer (Disney+)
Lasciateci uscire dall'Italietta almeno per una grande serie affidata all'estro di Jeremy Allen White («Shameless»), chefstar di origini italiane che torna a casa tra ricette segrete per gli spaghetti, parenti serpenti e un grande cast. Basta che «MasterChef» non cerchi ispirazione qui.
9) La serialità «napoletana». Più Eduardo (Raiuno)
«L'amica geniale 3», «Mina Settembre 2» e la new entry di «Vincenzo Malinconico avvocato d'insuccesso» confermano l'impatto vincente su Raiuno della factory napoletana dell'audiovisivo, forte di storie, attori, scenografie naturali... E di tradizioni, che si permettono anche il «one shot» di «Filumena Marturano» portata al successo da Imma Tataranni e Massimiliano Gallo, peraltro volti di casa.
10) «Skam Italia 5» (Netflix) e «Prisma» (Prime Video)
La serie Netflix, liberatasi del modello norvegese, rinnova il teen drama osando l'inosabile, ovvero mettere in fiction lo stigma, il tabù, l'ossessione delle dimensioni del pene. Quella di Prime Video evoca sin dal titolo l'impossibilità di limitare le facce dell'universo giovanile, ma lo narra nella maniera più fluida e queer in circolazione.

LE DELUSIONI
1) Il cdr del Tg1 (Raiuno)
La porta sbattuta in faccia a Fiorello? Un boomerang e non so se avete presenti le dimensioni di una porta/boomerang che vi arriva addosso.
2) Enrico Montesano/«Ballando sotto le stelle» (Raiuno)
Troppo gossip in pedana, troppe magliette sbagliate, troppi passi falsi (in uno show danzereccio). Anche se gli ascolti funzionano.
3) Elisa Isoardi/«Vorrei dirti che» (Raidue)


Non pervenuta. La sua (non) performance salva dall'apparire nella classifica al negativo Alessandro Cattelan e Ilaria D'Amico, anime in pena alla ricerca del programma giusto. Ah, saperlo. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino