Non ce l'ha fatta, Rino Giglio a vedere l'anno nuovo, a dimostrare al 2018 che una «vecchia pellaccia» come lui, «che ne aveva vinte, o almeno non perse,...
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Sarebbe ingiusto ricordare della sua produzione solo quel brano steso sulla musica di Peppe Vessicchio, eppure proprio «'Nu penziero» è stato scelto dai suoi amici e colleghi per ricordarlo in rete. L'aveva scritto per Antonio Sorrentino, cantattore di talento scomparso troppo presto, nel 1998, a soli 38 anni, ma l'aveva visto diventare un piccolo classico moderno grazie all'ostinazione di Valentina Stella, che l'aveva fatto suo ereditandolo dall'amico e lo intonava ogni sera, accompagnandone la fine con la mano verso l'alto e un bacio rivolto al cielo. «'Annascuso mmieze scale/ n'amico se stà bucanno» era l'incipit spietato, la canzone napoletana abbandonava sentimentalismi d'accatto per affrontare la cronaca più spietata, la strage dell'eroina (siamo nel 1985). Ieri, con quel canto dolente e accorato, l'hanno ricordato in rete tanti, da Lucia Cassini a Gianfranco Gallo (che inserì il pezzo nel suo musical sui «Quartieri Spagnoli»), Andrea Sannino...
Ma Giglio non «era» solo quel pezzo: aveva firmato (con Rodolfo Fiorillo) «Femmene e mare», con cui Lina Sastri partecipò al Sanremo del 1992; (con Franco Campanino, che aveva già usato la musica per la colonna sonora de «I guappi») «'Na voce antica» incisa da Roberto Murolo in duetto per Toquinho; «Gennari'» per Peppino Di Capri, dedicato alla mascotte del primo scudetto del Napoli; lavorò spesso in tandem con Leonardo Barbareschi; anche se magari le cronache ricorderanno piuttosto la sua collaborazione ai brani siglati da Silvio Berlusconi per Mariano Apicella, a partire da «Meglio na canzone» e «Nuie ca facimme sunna'».
Lascia i figli Lula e Alessandro Giglio e la moglie Enza, i funerali si terranno alle 11.30 nella chiesa di Santa Maria in piazza Arenella. Un brutto modo di chiudere l'anno, per il piccolo mondo antico, e sempre più a rischio di estinzione, di cantaNapoli, che Giglio aveva animato sino alla fine, dando testi a giovani emergenti, partecipando a festival ed iniziative, raccontandosi con la solita passione nel volume Nu penziero-O culore d'e parole (edizioni Boopen Led), in cui aveva raccolto canzoni, poesie, aforismi. «Chi scrive canzoni per lavoro è detto paroliere, chissa perché. O forse un perché c'è: la paura, un po' snob, di largheggiare con la parola poeta. Ma Rino Giglio non se la prende se dici paroliere, lui sa che il mestiere delle parole è serio assai», scriveva Pietro Gargano nella prefazione.
Ciao, Rino, ciao.
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Il Mattino