Aiello a Napoli: «Io, ultimo romantico in tempi supercinici»

«L'amore è uno e quindi ben vengano tutti gli accostamenti»

Antonio Aiello, cosentino, classe 1985
«È facile sentirsi un Cupido qualsiasi, sempre pronto a scagliare le sue frecce, ma se vuoi raccontare l'amore vero quei dardi devi averli provati sulla tua pelle...

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«È facile sentirsi un Cupido qualsiasi, sempre pronto a scagliare le sue frecce, ma se vuoi raccontare l'amore vero quei dardi devi averli provati sulla tua pelle almeno una volta», assicura Aiello lasciando palpitare il cuore trafitto da San Sebastiano pop che gli sanguina sotto la canotta. Tra le tante rappresentazioni del trash, il martirio evocato dal cantante cosentino sulla copertina dell'ultimo album «Romantico» è di quelli da turbare i sonni secolari di un Mantegna o di un Signorelli. O di quel Guido Reni entrato più di chiunque altro col piacere erotico della sofferenza dei suoi San Sebastiano nell'iconografia gay. «L'amore è uno e quindi ben vengano tutti gli accostamenti», assicura lui, all'anagrafe Antonio Aiello, cosentino, classe 1985 - in scena stasera al giardino romantico (tutto torna, quindi) di Palazzo Reale sotto l'egida del «Noisy naples fest» - che in questo suo terzo album trova la collaborazione, fra le altre, di Gaia e Alessandra Amoroso. «Il Sebastiano che ho in mente è uno che non ha timore di raccontare le ferite, le cadute, né tantomeno delle frecce che gli sono arrivate dalle esperienze di vita, d'amore e di malamore».

Perché intitolare un album «Romantico» in tempi che per il romanticismo sembrano non aver spazio alcuno?
«Perché, come ho detto pure sul palcoscenico del Primo Maggio, viviamo tempi tossici in cui la gente non s'incontra, non corteggia, non si dichiara, non fa sesso per paura di fallire, di sentirsi rifiutare. Ecco, io voglio buttare il cuore oltre l'ostacolo e dire con orgoglio che sono romantico, aperto agli altri, desideroso di prendersi la vita. E vorrei invitare tutti a risvegliare questo lato romantico che ognuno di noi ha, ma che negli ultimi tempi abbiamo fatto addormentare dietro dinamiche social e relazionali che non esistono».

Che peso ha nella sua produzione questo ritorno discografico?
«Si tratta di un disco per me molto importante, perché viene dopo due anni di ritiro spirituale, chiamiamolo così, in cui mi sono preso tutto il tempo necessario a curare alcune ferite e debellare mostri che mi portavo dentro come quelle crisi di panico da cui sono uscito grazie ad un percorso psicoterapeutico».

Questo cos'ha comportato nella sua dimensione non privata, ma artistica?
«Mi sono riaffacciato alla scrittura con un entusiasmo che non avevo da tempo. Volevo un album diretto, immediato, fresco, con tanto rhythm and blues, ma anche un po' di suoni indie e urban latin».

Da quali «mostri» si sentiva oppresso di più?
«Dall'ansia di dover dimostrare e dalla paura del giudizio. Fattori che nel 2021 l'esperienza di Sanremo ha elevato all'ennesima potenza. Pur arrivato, infatti, all'Ariston con un hype gigante, ho perso la serenità necessaria a raccontarmi per quel che sono. Così, più che il penultimo posto, non mi sono perdonato questa instabilità emotiva che m'ha portato a non vivere (e giocarmi) l'esperienza come avrei voluto. Arriveranno, comunque, altre opportunità».

Che cosa si attende, in concreto, da questa rentrée discografica e live? A proposito: stasera è sold out e tornerai a Napoli il 16 novembre alla Casa della Musica.


«Mica male no? Comunque quello che mi aspetto è di guardare le persone e di abbracciarle, così come mi capita per strada. Ora riscaldiamo i motori con qualche data estiva, nell'attesa di affrontare i club in autunno. Siccome dico sempre che il concerto per me è una grande notte di sesso, mi è piaciuto in questi anni di stop forzato trovare gente che mi fermava per strada dicendo: ci manca di fare l'amore con te».  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino