Aiello: «Canto il sesso liberatorio, curativo, tossico»

Basterà un ascolto della sua «Ora» e (Antonio) Aiello diventerà quello del «sesso Ibuprofene/ 13 ore in un letto/ a festeggiare il mio...

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Basterà un ascolto della sua «Ora» e (Antonio) Aiello diventerà quello del «sesso Ibuprofene/ 13 ore in un letto/ a festeggiare il mio santo». Testo a parte - compresa la confessione di essersi comportato da stronzo e un drago che non allude al neopremier - il suono indie, largo e a tratti distorto, porta la firma vincente di Mace (in vetta alla classifica con il progetto Obe, acronimo di Out of Body Experience) e Brail. A 35 anni, il trentacinquenne cosentino di «Arsenico» si racconta senza veli: «A Sanremo due anni fa non ci avrei nemmeno pensato, ma pure un anno fa, poi... È successo quello che è successo a tutti noi, a tutto il mondo e... sono felice di essere in gara al Festival come il più piccolo - non per età - dei big, di ripartire dal vivo con l’orchestra, anche se sono comunque ancora ai miei primi live. Sono orgoglioso di esserci col mio new pop: contaminato, dove tutto si tiene. E cantando il sesso: liberatorio, curativo, tossico. Il pezzo racconta una mia storia, bella, sbagliata, usata per uscire da un altro dolore».


Colapesce e Dimartino, in un ironico video pensato per i social, lo pronosticano vincitore del Premio della critica, lui ringrazia, ma sogna «l’ultimo posto come Vasco Rossi, e poi sold out ai concerti, quando sarà». Quando sarà ci saranno da mettere in scaletta anche le canzoni del suo secondo album, «Meridionale», che arriverà dopo il Festival: «Un titolo provocatorio, ma per unire e non per dividere, per dire che quella non è un’offesa, ma una definizione di origine controllata. Vengo da una terra che non è solo la grande ferita per cui tutti la ricordano, ma bellezza, sapori, profumi, colori, solidarietà, cultura antichissima. Nessuna diatriba Nord-Sud, abbattiamo questa dicotomia: lo dico da calabrese che vive a Roma ed ama Milano, dove sono quasi tutti figli di meridionali, di terroni come ci chiama qualcuno: per me è un complimento. E, anche per questo, in un brano, “Di te niente” ho voluto al mio fianco Svm, alias Lorenza Anceschi, straordinaria promessa della scena newpolitana: l’avevo conosciuta al festival di Giffoni e mi dispiace solo che, per colpa della pandemia, abbiamo dovuto collaborare a distanza. Avrei potuto chiedere “feat” prestigiose, ma lei è la cosa più bella in circolazione che potessi avere e la nuova musica partenopea sta davvero spaccando».

Nel disco, anche più che nel brano sanremese, convivono «pop, urban, post-cantautorato, clubbing, flamenco, elettronica, suoni del mondo, schiaffi e abbracci, lacrime e sudore»: «Vienimi (a ballare)» è già fuori come singolo ed è già disco d’oro, «Scomposto» lo sarà appena uscirà: «È il manifesto del disco, io da sempre mi sento scomposto: basta vedere come mi siedo in questa diretta streaming, come facevo a scuola, come faccio a tavola. Ho sempre avuto coscienza di non essere “normale”. Mi hanno definito diverso o strano, ma non mi ha mai dato fastidio: mi considero poco schematizzato e molto fluido». Eccola la parola magica dei giovani big di questo Sanremo strano e tamponato, «fluido»: la usano tutti per definirsi, da Irama a Gaia, anche se ognuno di loro vuol dire una cosa diversa. Fluida, appunto. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino