Si dichiara innamorata di Napoli, la guarda ancora «come il primo giorno, con gli occhi dell'amore». Anna Safroncik, attrice libera e forte che accetta anche...
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L'attrice ucraina - che si racconta nella videointervista a Il Mattino - si prepara alla recitazione negli spazi accoglienti di una casa fatta su misura per lei, dinanzi la finiestra dove riesce «a sentire la luce». Il film prodotto da Pulcinella Film e dal Social World Film Festival, è un thriller psicologico, uno dei pochi italiani, una scommessa per il 28enne regista napoletano che va in controtendenza rispetto all'avanzare del genere comedy.
Da qui anche l'omaggio a Marinetti, il regista del pluripremiato «Lo chiamavano Jeeg robot»: Nuzzo infatti ha chiamato il protagonista Gabriele Manetti. Un cast tutto under 35, quasi un inno alla speranza dei giovani, che ha girato per quattro settimane e mezzo tra Acerra e la Penisola Sorrentina con un budget di quasi 300 mila euro tra finanziamenti privati e della presidenza dei Ministri.
Molti piani sequenza, scene psichedeliche, sguardi intimisti sul futuro, per un film che spetta al pubblico completare. Ognuno raggiunge la propria verità e il proprio finale. Nel film è forte il richiamo all'arte che Nuzzo ha respirato fin da bambino. Il padre non l'ha mai portato al cinema, un vero paradosso per un regista, ma sempre trascinato ai vernissage. Così in ogni sua opera troviamo un richiamo all'arte, fonte di ispirazione. Come sono fonte di ispirazione e «non di imitazione» Sorrentino e Tornatore, due registi a cui guarda Nuzzo per la composizione dell'immagine e i piani narrativi. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino