l primo album, che portava il nome della band, è uscito nel 2001 per l’etichetta francese Prikosnovenie; il secondo, «Shining silver skies» nel 2006 per...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Ormai di formazione ventennale, gli Ashram si reggono sul violino romantico di Alfredo «Edo» Notarloberti, la delicata voce (e la chitarra) di Sergio Panarella e il pianoforte di Luigi Rubino, insieme intenti a scandire melodie più soffici che tenebrose, più melanconiche che ossianiche. Temi semplici vengono declinati senza cercare esasperazioni, anzi spesso diluendoli in un pianissimo, in un canto sussurrato, in un violineggiare pallido e assorto che non brilla per originalità compositiva ma riesce a creare un’atmosfera che ha meritato al trio piccole, ma accanite, schiere di fans (il disco è stato realizzato grazie al meccanismo del crowfunding), tra cui spiccano quelli cinesi, appunto.
Il titolo suggerisce il tentativo di far convivere umano e divino, convinti che si possano completare a vicenda, alla ricerca di una personale «Spirituality», come suggerisce la traccia iniziale. «Elisewin 1977» riprende gli esordi del gruppo che, strumentazione a parte, fa pensare agli anni lontani dell’esordio di Wim Mertens con lo pseudonimo di Soft Verdict ma senza il bisogno minimalista di punteggiare il discorso sonoro, di mettere comunque in primo piano una nota brillante, squillante, e in più l’adozione, sia pur in chiave poco ortodossa, della forma canzone. Neoclassici ed eterei, gli Ashram sono minimalisti per la scelta di un impatto discreto, di un canto soffuso e/o sognante, per la definizione di grigi panorami sonici, in cui contano i chiaroscuri più delle luci o delle oscurità. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino