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Attore, produttore, regista e direttore artistico del teatro Eliseo di Roma, Luca Barbareschi con l'arrivo del 2023 compirà 50 anni di carriera, e quest'anno a «Capri, Hollywood», rassegna ideata e diretta da Pascal Vicedomini, riceverà il Capri Visionary Award da Terry Gilliam, presidente della ventisettesima edizione.
Non è il primo anno che partecipa ai festival di Vicedomini, Barbareschi.
«Pascal è dotato di due qualità rare: tenacia e una visione non provinciale, come dimostrano l'Ischia global fest in estate e Capri, Hollywood in inverno. Gli sono personalmente grato: alcuni dei miei successi li devo ad incontri avvenuti durante le sue kermesse, che rappresentano una bellissima occasione per stare insieme e conoscere altri artisti provenienti da ogni parte del mondo».
Ha anticipato la volontà di dedicare il premio che riceverà sull'isola a Steven Spielberg, come mai?
«Credo che la vita sia fatta di incontri, a volte fortuiti, a volte voluti, inseguiti, costruiti. Io sono molto grato alla vita per quanto mi ha concesso.
La sua carriera è legata anche a una grande amicizia con Roman Polanski.
«Ho un rapporto affettivo straordinario con lui. È un genio. Ci siamo conosciuti a Los Angeles. Con lui sono cresciuto molto, sia nel teatro che al cinema. Insieme abbiamo fatto, tra gli altri, Amadeus, Il pianista, Je accuse e The Palace, che uscirà con l'anno nuovo. Tra di noi c'è una grande stima reciproca. C'è un odioso giudizio morale che gravita intorno a Roman, io lo difendo».
Quali sono i suoi progetti per la riapertura del teatro Eliseo?
«Dopo anni di danni, Giorgia Meloni si è impegnata tanto perché il teatro riaprisse. L'Eliseo è un luogo importante per il teatro italiano, ha fatto la storia, e mi aspetto che abbia i sovvenzionamenti che merita. Non appena sarà riaperto voglio portare in scena Riccardo III, realizzato da una compagnia internazionale».
Con l'anno nuovo andrà in onda su Raiuno la serie «Blackout» prodotta da lei e girata parzialmente a Napoli.
«Io ho Napoli nel cuore. Mentre Roma è affetta da provincialismi e da cinismo, Napoli è sofferente, povera, passionale ed identitaria, con una concentrazione di talenti unica al mondo, dagli attori agli intellettuali. Mi spiace che la narrazione napoletana sia spesso legata alla delinquenza, perché invece la città è intrisa di poesia ad ogni angolo e la sua bellezza è strepitosa. Ho altri progetti in mente per Napoli, ma devo chiudere prima degli altri lavori per potermici dedicare». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino