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La critica musicale boomer dovrebbe fare un patto con sé stessa: va bene inseguire la fenomenologia dei Maneskin e la sociologia economica della trap per poi contare uno per uno (ma siamo sicuri che serva?) i download dell'ultimo divo del momento, ma, almeno una volta al mese, torniamo a scrivere di dischi che ascolteremo ancora tra un anno, che consiglieremmo a una donna desiderata o a un amico caro, che pagheremmo in contanti.
Missione facile da adempiere quando esce, in Italia purtroppo solo in digitale, un nuovo album di Caetano Veloso, 80 anni il prossimo 7 agosto, leggenda della mpb (musica popular brasileira) ma anche della mpp (musica popolare planetaria) assente dal mercato con nuove canzoni da nove anni («Abraçaço» è del 2012). «Meu coco» suona nei nostri «player» da ormai un paio di settimane, spingendoci ogni tanto a riprendere vecchi vinili e cd per ragionare sulla straordinaria parabola del cantore di Santo Amaro da Purificação, da «Domingo» (del 1967, con Gal Costa)) all'esplosione tropicalista dell'anno successivo in compagnia con Gilberto Gil, Tom Zé, Os Mutantes, Nara Leão e Gal Costa, ribadita nel 1976 con i «Doces bárbaros (Gal Costa, Gilberto Gil e Maria Bethânia), passando per capolavori come «Estrangeiro» (1989), «Circuladô» (1991), «Tropicália 2» (con Gilberto Gil), «Fina estampa» (1994), «Cè» (2006)...
Ma «Meu coco» non è album nostalgico, anzi, affida il timone al ventiseienne Luca Nunes, presentatogli dal più giovane dei suoi figli, Tom che ha dato un vestito lussurioso a brani nati nel più cupo dei lockdown, quello consumato nella Rio de Janeiro spaventata, oltre che dal virus, dalle politiche folli di Bolsonaro.
Con l'aiuto della grande bellezza della loro musica, sostiene col carisma di sempre Veloso, è più facile resistere, anche a Bolsonaro e complici, come suggerisce su ritmi funky rap «Não vou dexar»: «Non lo permetterò, non lo farò, non ti lascerò rovinare tutto/ la nostra storia/ è tanto amore, è tanta lotta, è tanta gioia, è tanto dolore/ e tanta gloria».
Una resistenza che passa per le piccole cose quotidiane, come fare il nonno («Autoacalanto»), l'amore («Noite de cristal») e il samba («Sem samba não dá», con una fisarmonica del Nordeste a complicare le cose). Un antico sodale come Jacques Morelembaum («Ciclâmen do Líbano») con le sue suggestioni orientali, ma anche tensioni rock (il singolo di lancio «Anjos tronchos») e distensioni fadiste («Você você», in duetto con la portoghese Carminho) arricchiscono un disco che resterà nelle nostre orecchie e nei nostri cuori a lungo, anche se da domani torneremo a indagare i suoni-orologio del tempo delle giovani star prossime venture. Senza dimenticare che Caetano e i suoi dolci barbari il loro tempo l'hanno scandito con lucida, coraggiosa e feroce bellezza, regalando a tutti noi canzoni, emozioni e chiavi per capire il nostro di tempo, per viverlo meglio. E in buona compagnia.
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