Caetano Veloso, le canzoni del Brasile che resiste a Bolsonaro

Caetano Veloso, le canzoni del Brasile che resiste a Bolsonaro
La critica musicale boomer dovrebbe fare un patto con sé stessa: va bene inseguire la fenomenologia dei Maneskin e la sociologia economica della trap per poi contare uno...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA FLASH
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
SCEGLI ORA
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno

La critica musicale boomer dovrebbe fare un patto con sé stessa: va bene inseguire la fenomenologia dei Maneskin e la sociologia economica della trap per poi contare uno per uno (ma siamo sicuri che serva?) i download dell'ultimo divo del momento, ma, almeno una volta al mese, torniamo a scrivere di dischi che ascolteremo ancora tra un anno, che consiglieremmo a una donna desiderata o a un amico caro, che pagheremmo in contanti.

Missione facile da adempiere quando esce, in Italia purtroppo solo in digitale, un nuovo album di Caetano Veloso, 80 anni il prossimo 7 agosto, leggenda della mpb (musica popular brasileira) ma anche della mpp (musica popolare planetaria) assente dal mercato con nuove canzoni da nove anni («Abraçaço» è del 2012). «Meu coco» suona nei nostri «player» da ormai un paio di settimane, spingendoci ogni tanto a riprendere vecchi vinili e cd per ragionare sulla straordinaria parabola del cantore di Santo Amaro da Purificação, da «Domingo» (del 1967, con Gal Costa)) all'esplosione tropicalista dell'anno successivo in compagnia con Gilberto Gil, Tom Zé, Os Mutantes, Nara Leão e Gal Costa, ribadita nel 1976 con i «Doces bárbaros (Gal Costa, Gilberto Gil e Maria Bethânia), passando per capolavori come «Estrangeiro» (1989), «Circuladô» (1991), «Tropicália 2» (con Gilberto Gil), «Fina estampa» (1994), «Cè» (2006)... 

Ma «Meu coco» non è album nostalgico, anzi, affida il timone al ventiseienne Luca Nunes, presentatogli dal più giovane dei suoi figli, Tom che ha dato un vestito lussurioso a brani nati nel più cupo dei lockdown, quello consumato nella Rio de Janeiro spaventata, oltre che dal virus, dalle politiche folli di Bolsonaro. Ispirato dalla cronaca drammatica della sua terra e del resto del mondo, dalla fratellanza musicale di cui si sente da sempre parte, dalla voglia di reagire alla chiusura necessaria con un'apertura creativa, Veloso ha messo a punto un altro pugno di delizie canore, vestite con eleganza di archi, percussioni, fiati e suoni di ogni tipo, oltre ogni barriera di genere. Con quell'abilità di tenere insieme dimensioni intime e collettive, erotiche e sociali, che l'ha fatto acclamare come la risposta brasiliana a Bob Dylan quanto a Bob Marley, Caetano riparte, nella title track, da quel 1971 in cui, su invito di Joao Gilberto, tornò in Brasile dall'esilio londinese per registrare con Gal Costa. E di lì inizia un percorso, artisticamente felicissimo, non rivoluzionario ma nemmeno ricalcato sulle opere precedenti, nel suo Paese come ombelico del mondo: «È un lavoro basato sull'affermazione di ciò che può essere bello oggi in Brasile, in un momento in cui regna la negazione», spiega lui, definendo il presidente come un «leader clown», chiamandolo in causa sempre, ma anche mai, quasi non meriti di essere nominato, quasi inquini il mondo col suo solo nome. Ecco, allora, invece, nominati uno dopo l'altro come in un rosario laico dell'orgoglio nazionale i numi tutelari della mpb (e mpp): di Joao Gilberto abbiamo già detto, ma in «GilGal», oltre ai due eterni sodali chiamati in causa nel titolo col sono nome di battesimo (basta e avanza), ecco citati Pixinguinha, Jorge Ben, Djavan, Wilson Batista, Jorge Veiga, Carlos Lyra e «l'immenso Milton Nascimento». 

Con l'aiuto della grande bellezza della loro musica, sostiene col carisma di sempre Veloso, è più facile resistere, anche a Bolsonaro e complici, come suggerisce su ritmi funky rap «Não vou dexar»: «Non lo permetterò, non lo farò, non ti lascerò rovinare tutto/ la nostra storia/ è tanto amore, è tanta lotta, è tanta gioia, è tanto dolore/ e tanta gloria».

Una resistenza che passa per le piccole cose quotidiane, come fare il nonno («Autoacalanto»), l'amore («Noite de cristal») e il samba («Sem samba não dá», con una fisarmonica del Nordeste a complicare le cose). Un antico sodale come Jacques Morelembaum («Ciclâmen do Líbano») con le sue suggestioni orientali, ma anche tensioni rock (il singolo di lancio «Anjos tronchos») e distensioni fadiste («Você você», in duetto con la portoghese Carminho) arricchiscono un disco che resterà nelle nostre orecchie e nei nostri cuori a lungo, anche se da domani torneremo a indagare i suoni-orologio del tempo delle giovani star prossime venture. Senza dimenticare che Caetano e i suoi dolci barbari il loro tempo l'hanno scandito con lucida, coraggiosa e feroce bellezza, regalando a tutti noi canzoni, emozioni e chiavi per capire il nostro di tempo, per viverlo meglio. E in buona compagnia.

Leggi l'articolo completo su
Il Mattino