OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Edoardo D'Erme, in arte Calcutta, non è certo un animale da palcoscenico, forse nemmeno vorrebbe esserlo, e, probabilmente, non ne ha nemmeno bisogno. Il pubblico canta a memoria, e a squarciagola tutti i pezzi in scaletta in un Palapartenope gremitissimo, ultima data (rimandata per indisposizione) del tour» sold out dopo - anzi prima - il successo dell'ultimo album, «Relax».
Ecco, allora, andare in scena il più nerd degli show, con lo showman-nonshowman che non si sbraccia per salutare il suo pubblico, non lo blandisce con forme di captatio benevolentiae, non si lancia in preamboli o postfazioni dei pezzi, limitandosi a dire cose tipo «grazie, il prossimo pezzo si intitola...», ma non fa nemmeno in tempo a pronunciare le prime sillabe che già la platea canta con lui. Spingendolo spesso a urlare per farsi sentire, per risultare presente in un risultato, se non artistico di sicuro comunicativo, in cui gli spettatori sono protagonisti assoluti: cantano, ballano, sorridono, danno un senso alle filosofia escapista calcuttiana. La band fa il suo dovere, i visual pure, con il gioco delle parole e dei disegni a completare la narrazione delle situazioni sentimentali in cui sguazzano tutti, sopra e sotto il palco.
Si comincia con «Due minuti» («E ho scritto un Vangelo che parla di te/ ma ormai è troppo tardi/ e ho paura di dirtelo»), per continuare con «Cosa mi manchi a fare» («Pesaro è una donna intelligente/ forse è vero ti eri fatta trasparente/ ma non ci cascherai mai»), «Controtempo» («Che finalmente siamo soli e ancora non balliamo/ e mano per la mano mi dicevi: Ma se poi invecchiamo?»), «Orgasmo» («Mi hai chiesto un orgasmo profondo/ forse più profondo del mondo»).
Al quarto disco il cantautore potrebbe anche permettersi un'esibizione più lunga, ma non se la sente ancora, sa che il troppo stroppia, che fuori divampa il consumismo natalizio, che sotto il palco ci sono ragazzi e ragazze che magari non sanno ancora come tornare a casa. E questa potrebbe già essere la trama di una prossima canzone, se solo gliela lasciassero cantare, se solo non dovesse urlare per farsi sentire, soprattutto quando arrivano «Paracetamolo», «Pesto» e «Tutti falliti».
Leggi l'articolo completo suIl Mattino