«Dovrebbe essere il mio ventottesimo album, almeno sulla scheda per la stampa abbiamo scritto così, ma forse ne ho persi un paio per strada», racconta Daniele...
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Perché non frequentare di più il Gato compositore?
«Perché se vuoi sentire le sue cose ci sono i suoi dischi, il suo suono, anche se in passato ho accettato il confronto».
E, allora, come pagare questo tributo di affetto e riconoscenza?
«Scegliendo brani che lui avrebbe potuto frequentare, facendoli suoi, per l'area di provenienza geografica, per predisposizione melodica o politica».
Ecco, allora, il Cile del tuo/nostro amato Victor Jara con «La partida», la «Song for Che» della Liberation Music Orchestra con doppia batteria e doppio basso, il tema del kubrickiano «Spartacus», una canzone popolare boliviana («Montilla», intitolata a un generale bolivariano), la veracissima «Canzone appassiunata», una milonga ancora di Yupanqui, un tango classico, ma anche la sorpresa celtica di «Donne d'Irlanda» e «Odio l'estate» che diventa in mano a te inevitabilmente «Odio l'inverno».
«Proprio così, io con l'estate ci vado a nozze, come sanno gli amici che porto in giro per mare appena mi è possibile».
A proposito, che ciurma ha imbarcato questa volta il vascello che fu di Capitan Capitone e i suoi pirati sonici?
«Ho arruolato gli argentini e i brasiliani che erano con me ai tempi della Brigada Internazionale - Roman Gomez, Arlen Azevedo, Roberto Lagoa - e poi Lavinia Mancusi, i fidi Franco Giacoia e Piero De Asmundis e tanti altri, più ne siamo e più belli parimmo».
Dopo tanti dischi di canzoni un disco strumentale o quasi, jazz, o quasi.
«Di esercizi ginnici ce ne sono pochi, qui conta il piacere dell'improvvisazione che sa sublimare il richiamo melodico-sudista».
Altri artisti che, come Gato, e te, hanno fatto del loro sound un marchio indelebile?
«Tra i sassofonisti, me escluso, credo che l'unico vero barbieriano sia Jan Garbarek. Una voce inconfondibile la hanno, poi, Wayne Shorter e James Senese, Però potrei dire anche di Carlos Santana e della sua chitarra, che non a caso ha suonato con Gato, ma anche di Pino Daniele, che non a caso ha voluto Gato al suo fianco».
Magari il gioco sul classico di Bruno Martino serve proprio a ricordare il Gato «italiano».
«Proprio così: da ”''Sapore di sale'' di Paoli al Nero a Metà e a ''Modena'' di Venditti: anche lì lo riconosci ad occhi chiusi il Gatto con il cappello». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino