«Il regalo più bello? Dare casa alle mie opere, alla testimonianza di un’esistenza che non è solo personale, ma attraversa la storia di questo...
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«Ringrazio questa città, il Ministero dei Beni Culturali e il Paese per avermi regalato questo spazio in cui custodire l’archivio di una vita. Tutta la mia produzione di dipinti, bozzetti, copioni, manoscritti, scenografie, costumi, maschere, pupazzi, marionette, è tutto qui, a disposizione di chi voglia conoscere meglio non solo il mio percorso, ma quello di un secolo di storia d’Italia. Le bombe, la felicità, la disperazione, la crudeltà e gli inganni: visitare questo posto sarà come sfogliare un enorme giornale animato da voci, canti, film, scritti in ogni forma d’arte, dalla pittura alla televisione, dalle opere alle commedie».
Compagna d’arte, di vita e di combattimento, Franca Rame, a cui è dedicato l’archivio e con cui ha condiviso sessant’anni della sua esistenza. «La sogno tutte le notti perché ritrovarsi senza di lei è un guaio. È stata una donna e un’artista straordinaria che, dopo aver subito la violenza di cui è stata vittima, ha avuto il coraggio di vivere il suo dramma in pubblico per riuscire ad affrontarlo davvero e a passarci attraverso. E poi, per sempre, con umiltà, modestia, ha vissuto per aiutare chiunque avesse bisogno. Franca è stata tutto per me. Persino questa raccolta non esisterebbe se non fosse stata lei a pensarci. Era lei a preoccuparsi di organizzare riprese video a mia insaputa in occasione dei più diversi interventi. Ha sempre raccolto tutto con amore e dedizione».
Come testimone di questo tempo, cosa vede dall’alto dei suoi meravigliosi novant’anni?
«Un mondo devastato che, nella prossima fase, vedrà altre tragedie perpetrate da chi ha il potere assoluto. Coloro che controllano l’economia, la finanza, la politica; coloro che hanno il controllo totale sull’esistenza di uomini e cose, persino su come si muove il creato; quelli che possono decidere di corrompere l’acqua e l’aria e nessuno li può fermare... I regnanti, insomma. Se fossero uomini di cultura, se studiassero, saprebbero dove sta portando tutto questo e non sarebbero capaci di arrivare a compiere tali scempi, tali compromessi infami...».
Una speranza?
«Un detto popolare dice “Chi vive di speranza...” e poi una brutta parolaccia. Sono i regnanti a recitare la speranza, sono loro a proclamare la religione del “vivere la vita senza dubbi” contro ogni negativismo, contro ogni possibilità di libero pensiero».
Recentemente però ha aperto un dialogo con Dio sui misteri della fede (in Dario e Dio, edizioni Guanda)…
«La mia non è certo una ricerca metafisica. Sono sempre stato molto interessato al tema del sacro e la ricerca verso l’estremo è denuncia contro chi ha la responsabilità, contro chi dovrebbe cambiare rotta ma non lo fa, ma anche contro questa società che con troppa facilità si lascia comprare».
Sempre più combattivo.
«Sempre più indignato direi, perché questo mondo non riesce a fare nessun tesoro dell’esperienza fatta. Continuiamo a farci confondere da un nemico occulto da combattere, creato da chi trucca, uccide, massacra, a uso e consumo della gente, perché continui a non capire». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino