A 75 anni, David Crosby è sopravvissuto al rock, alla droga, all’alcol, alla vite spericolata ed ai fantasmi della sua mente, restando un faro - per dirla col titolo...
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«Croz» ce lo aveva riconsegnato, un paio di anni fa, dopo 21 anni di silenzio solista. «Lighthouse» (su etichetta GroundUp) lo mostra in forma, ringiovanito grazie anche all’apporto di Michael League, 32 anni, proveniente dagli Snarky Puppy con il suo tocco gentilmente jazzato che lascia segno nelle atmosfere più che nel sound vero e proprio.
Senza percussione nè batteria alcuna, con la voce e le chitarre acustiche in primo piano come si usava nel secolo/millennio scorso - long long time ago - «Things we do for love» dedicata alla moglie, «The us below», «Paint you a picture» hanno il fascino retrò ma non passato delle armonie vocali melanconiche, delle confessioni di vita vissuta («Maledicimi per aver pensato che io sarei potuto essere libero» canta in «Someone other than you»), della West Coast capellona e disinibita, delle note-segni del tempo, delle cicatrici-segni d’amore e passione, dell’eterno impegno al fianco degli ultimi della terra («Look in their eyes» parla dei rifugiati che spaventano, chissà perché, l’Occidente).
Per «Rolling Stone» è il suo più bel disco dagli anni Settanta, e probabilmente è vero, pronto ad essere idealmente collocato vicino a un capolavoro più cupo e disperato come l’esordio (1971) di «If I could only remember my name», anche se insieme più aperto al futuro - e questo può sembrare un paradosso - e più piatto per l’atmosfera onirica dettata dall’assenza delle percussioni. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino