Ac/Dc, il ritorno è una seduta spiritica

Ac/Dc 2020
Di fronte a dischi come «Pwr up» ci sono due scelte: invocare il pensionamento per i rocker duri e (mai) puri che l'hanno messo in piedi come in una seduta...

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Di fronte a dischi come «Pwr up» ci sono due scelte: invocare il pensionamento per i rocker duri e (mai) puri che l'hanno messo in piedi come in una seduta spiritica o chiedersi come facciano gli AC/DC ad avere ancora tanto rock nelle vene. Brian Johnson (che sostituì nel 1980 il compianto Bon Scott) ha 73 anni, quattro meno di Biden, e vorrebbe farci credere di poter urlare ancora come un tempo, e nel disco lo fa persino, chissà dal vivo (se mai succederà). Nel 2016 dovette abbandonare il tour della band scoto-australiana, rimpiazzato da Axl Rose, per problemi di udito. Il batterista Phil Rudd (66 anni) era già stato tenuto lontano dal palco da problemi giuidiziari, il bassista Cliff Williams (70) alla vigilia dell'ultimo concerto annunciò il suo ritiro delle scene. Considerando che Malcolm Young, affetto da demenza senile, era morto nel 2017, in pochi avrebbero scommesso su un nuovo album degli AC/DC e, invece, eccolo qua, fedele allo stile di sempre, fotocopiato dai precedenti, meno urgente certo, meno credibile certo, ma granitico, compatto, tutto riff, elettricità, metallo pesante e rovente. Certo, non ci sono - e perché chiederlo che ci siano, si tratta pur sempre di supernonni - inni come «T.N.T», «Let there be rock», «Higway to hell», «Hell bells», «Back in black», «Thunderstruck»...

Diciassettesimo album di una carriera leggendaria (oltre duecento milioni di dischi venduti), iniziata nel 1973 nel nome della corrente elettrica e riuscita già a sopravvivere alla morte nel 1980 del primo cantante Bon Scott, «Pwr up» arriva a sei anni da «Rock or bust», presentando la line-up ormai stabile, nonostante tutto, dai tempi di «Back in black» (1980), guidata dalla chitarra solista di Angus Young con l'aggiunta alla chitarra ritmica del nipote Stevie Young (63 anni).

Il bello è che leggendo le note del disco si scopre che i testi sono stati scritti da Angus e Malcolm, e che il primo spiega che alla base di tutto il disco c'è il lavoro del defunto fratello: Angus avrebbe lavorato partendo da riff registrati da Malcolm prima di aggravarsi, e poi, ricomposto il gruppo - la banda, avrebbero suggerito i Blues Brothers - avrebbe coinvolto gli altri nelle registrazioni necessarie con l'ausilio del produttore Brendan O'Brien che aveva già lavorato con il gruppo in «Black ice» (2008) e «Rock or bust» (2014).

Ai tempi dei loro album più celebrati, la miscela (vincente per il pubblico) di blues (sempre meno), heavy metal e testi machisti e a luci rosse lasciava interdetti: l'immutabilità sembrava carenza di creatività, il disimpegno cozzava con l'anima del tempo, la goliardia dei pantaloncini corti dello scolaretto Angus non riusciva a farsi largo nell'accolita rancorosa dei rocker salvati e annichiliti dal punk. Oggi, che il rock è estinto più dei dinosauri (quelli almeno sono di moda), singoli come «Shot in the dark» e «Demon fire» possono, invece, sembrare un'estrema fedeltà alla linea, alla filosofia vitalista del rock, all'idea che le chitarre possano ruggire ancora, che le ugole possano ancora urlare al cielo.

E gli altri brani (in tutto sono 12, nemmeno pochi) confermano la tesi: «Realize», «Rejection», «Demon fire», «Wild reputation», «Money shot» hanno un impianto solido, incroci chitarristici poderosi, testi più che scemotti, rare illuminazioni blues. Insomma, prendere o lasciare. Accontentarsi del ritorno di una leggenda (minore) del rock, una delle poche ancora in circolazione, o invocare la rottamazione per abbondante superamento dell'età della pensione. Ma si possono pensionare dei rocker, gli ultimi rocker, che sono comunque più giovani del prossimo presidente degli Stati Uniti d'America?

Ps. Per i collezionisti: tra le diverse versioni del disco, su cd e su vinile, c'è anche un cofanetto in cui, premendo il bottone sul dorso, si illumina il logo AC/DC mentre esplode il suono di «Shot in the dark». E non temete che faccia la fine di simili esperimenti, tutti già «spenti»: nel cofanetto c'è anche una cavo di alimentazione Usb per ricaricare la scatola. Ma si evitino battute sul fatto che sono gli AC/DC a doversi ricaricare: vorrei vedere noi/voi alla loro età. Ma anche adesso. 

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Il Mattino