Livio Cori: «Stanco di Gomorra ora canto le femmene»

La mutazione del rap/trap italiano, da suono del ghetto a colonna sonora dei trottolini post-amorosi passa per «Femmena», primo concept album della scena dedicato ai...

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La mutazione del rap/trap italiano, da suono del ghetto a colonna sonora dei trottolini post-amorosi passa per «Femmena», primo concept album della scena dedicato ai problemi amorosi. Livio Cori, dopo il debutto nel 2019 con «Montecalvario (Core senza paura)» e il tandem sanremese con Nino D'Angelo, dedica il suo nuovo lavoro, «alle donne, che sono il cardine della mia vita. Il lockdown mi ha spinto a riflettere sulle mie situazioni sentimentali di questo ultimo periodo», spiega il cantaurapper dei Quartieri Spagnoli, classe 1990. Dieci canzoni, due/tre donne, anzi ragazze, al centro delle stesse, confessa Cori, un suono che guarda ad un'altra mutazione, «quella che vede il rap diventare urban e l'urban cercare soluzioni più melodiche che in passato: per me, fan del rhythm and blues e della canzone napoletana è l'ideale».


Trap neomelodica, Livio?
«In qualche modo, ma al confine con il nuovo rhythm and blues. Un territorio finora presidiato da pochi, prima c'era solo Ghemon, ora qualcuno in più, da Mahmood a Coco».
Iniziamo dalle strategie. Hai detto addio alla Sugar per fondare la tua etichetta indipendente, la Magma. Come mai?
«Quella storia era finita. Dopo Sanremo loro non impazzivano della voglia di investire ancora su di me ed io volevo essere libero di fare la mia musica, scrivendo e producendo con il mio chitarrista Simone Ottaviano, in arte Eitaway».
Tua anche la strategia del nuovo singolo in uscita a ogni fine mese prima di lanciare l'album?
«Oggi i dischi si bruciano in poche settimane. io ho spalmato tutto su un periodo più lungo, cercando di allungare la vita delle mie canzoni, lasciando ai fan la possibilità di scoprirle, e commentarle, uno per volta».
In copertina fai il playboy conteso dalle mani delle donne come un una foto cult di Terry Richardson. Da «sciupafemmene», si direbbe.
«Il volto carino e l'aspetto mi avranno anche aiutato, non me la passo male, è vero, ma questo non è un disco da playboy, da rapper spaccone e maschilista. Le mani femminili che mi abbracciano e circondano nella foto di copertina mi seducono, ma un po' mi opprimono. L'amore è croce e delizia, non sono solo le donne a soffrire».
«Sparame» è un'altra provocazione contro lo stereotipo gangsta rap?
«Sì, c'è un uomo che chiede, metaforicamente, all'amata di sparargli in petto. L'evoluzione delle atmosfere da ghetto continua anche così, non è detto che per fare gli americani si debba continuare a seguire il dettato gomorrista. Chi davvero, come me, conosce la legge della strada, sa che non va mai a finire bene».
Stesso discorso, allora per «Pusher of love», con Enzo Dong?
«Spacciatori ma di amore: in quartieri dove la droga c'è e scorre a fiumi non c'è bisogno di ricordarlo in ogni canzone».
Con Dong siamo alle collaborazioni, che ormai si devono chiamare «featuring».
«Innanzitutto Nicola Siciliano nel brano che dà il titolo all'album. Lui e Geolier sono importanti, hanno riconquistato spazio per il dialetto napoletano, hanno imposto un sound grazie anche alla loro giovane età. In "N'appoco" c'è Peppe Soks che ha appena fatto uscire il suo disco», in "'O male" Giaime».
Il brano più interessante è forse «Crireme», base di Kina - alias Pasquale Renella da Acerra, ventunenne star internazionale della canzone da cameretta - e sussurro sexy di Sofi De La Torre.
«Kina è un grande, da tempo volevamo lavorare insieme ed entrambi eravamo interessati a questa ragazza delle Canarie che vive e fa grande musica a Los Angeles. Abbiamo fatto una cosa a tre, importante».
L'autotune in questo brano ha più senso che nel resto del lavoro, dove spesso sembra solo una gabbia, per quanto di moda.
«Io canto ed uso l'autotune per aggiungere colori vocali, l'autotune non trasforma un trapper in un cantante. E io sono un cantante, oltre che un rapper».
Hai fatto un pensierino al prossimo Sanremo?
«No, no, è stata un'esperienza importante, ma meglio aspettare di avere il pezzo adatto».
Ma una «femmena» nella scena rap/trap newpolitana non c'è?

«Non sono ancora arrivate al pubblico mainstream, ma stanno scalciando nei vicoli. Sum, La Nina, La Zero, la salernitana Bonnie P. Si faranno notare».
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Il Mattino