Festa del Cinema di Roma, Daniel Pennac racconta Maradona: «Lo faccio per il dolore dei napoletani»

Festa del Cinema di Roma, Daniel Pennac racconta Maradona: «Lo faccio per il dolore dei napoletani»
Il rapporto tra Napoli e Maradona non può essere raccontato. È più di quello che si crea tra un padre e un figlio, tra due amanti o, per fare un parallelismo...

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Il rapporto tra Napoli e Maradona non può essere raccontato. È più di quello che si crea tra un padre e un figlio, tra due amanti o, per fare un parallelismo un pò più colto, tra l'opera d'arte e il suo artista. Napoli e Maradona creano una tribù, ma non nel senso dispreggiativo del termine. Una tribù culturale plasmata da un passato comune, un ricordo, un'entità che ci collega tutti. Diego non era solo un calciatore, ma «qualcuno che vinceva seguendo le regole in una città dove non si usano mai». È così che alla 17esima edizione della Festa del Cinema di Roma, è stato presentato questo pomeriggio, «Daniel Pennac - Ho visto Maradona» documentario che cerca di raccontare Diego attraverso l'impatto che la sua morte ha avuto sui napoletani. Quindi non una semplice e statica commemorazione, ma un work in progress della realizzazione di uno spettacolo teatrale sulla città e sui abitanti. 

«La mattina della morte di Maradona ho trovato Pako (ndr. l'attore napoletano Pako Ioffredo) e Demi (l'attrice Demi Licata) in lacrime. Poco dopo hanno bussato alla porta e ho trovato la nostra regista argentina anche lei in lacrime. Tutti mi parlavano della morte di Maradona.» ha raccontato Pennac nel corso della conferenza stampa. «Da lì è partita l'idea di realizzare qualcosa che spiegasse il motivo di queste lacrime.» ha continuato. «Lo racconto per i napoletani, che lo hanno pianto come un parente.» All'interno del documentario risultano fondamentali i contributi di Luciano Ferrara, Maurizio De Giovanni e Roberto Saviano che attraverso il loro vissuto come napoletani e la loro esperienza personale riescono a tratteggiare ancor meglio la profondità e l'ambiguità del rapporto tra la città e il suo mito di sempre. 

Nel documentario, la figura di Maradona, è vista come un vero e proprio «capro espriatorio». Un personaggio divisivo che, secondo Pennac, è stato portatore di gloria e grandezza in vita e che, dopo la sua morte è stato da molti ricordato solo per i suoi vizi negativi e per i suoi errori. In realtà, guardando il lungometraggio si può capire il mito della figura di Diego sia semplicemente un modo per raccontare la passionalità, la vitalità e la meraviglia di Napoli. Nelle signore anziane affacciate al balconi che cantano gli inni da stadio, nelle persone che svolgono gesti di affetto e rispetto disinteressati, nell'arte che permea ogni cosa più di qualsiasi altra città in Italia. «Daniel Pennac - Ho visto Maradona» riesce in uno dei compiti più difficili che un documentario può avere: raccontare i sentimenti e i sogni. L'esperimento di Pennac e della sua compagnia è andare alla genesi del «mondo» di un napoletano scomponendo e rimodellando ciò che, culturalmente, gli è più caro. 

Tantissimi filosofi ed antropologi hanno cercato di spiegano come un «popolo» riesca ad identificarsi così tanto in figure unanimamente definite carismatiche. Sono passati quasi 2 anni dalla morte di Maradona e Napoli continua a sentire la ferita incredibilmente fresca ed ancora dolorosa. L'effetto che si crea è quella di una personalità che aleggia costantemente in città e tra le strade. «Lui è come un patrono laico. C'è San Gennaro...e c'è Maradona» In 90 minuti il film porta avanti quella che è una complessa e strutturata analisi sociale e culturale non solo dell' impatto del personaggio nelle storie personali dei napoletani ma nella loro vita e nella loro idea di vissuto comune. Un racconto comunitario che rende Napoli sempre più simile a, quella che Pennac chiama amichevolmente nella pellicola, tribù. Una tribù con un'unica idea di «bellezza» e storia comune. Nel nome di Diego.

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Il Mattino