C'è chi ha visto Sanremo solo perché aspettava quel momento, chi non voleva credere che si potesse liquidare l'Uomo in Blues così con solo due parole,...
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Fatto? Già fatto! Nemmeno una nota, nemmeno una canzone, c'era da lasciare spazio a due giganti della comicità come Pio e Amedeo, alla promozione del musicarello battistiano «Un'avventura», alla maratona di spot, a sketch alla formaldeide, come si poteva sperare che qualcuno cantasse o suonasse «Napule è», «Quando», «Chi tene o mare»...? E, poi, chi le avrebbe dovute cantare? Mica c'erano a disposizione un Baglioni, una Fiorella Mannoia, un Riccardo Cocciante, un Marco Mengoni, un'orchestra intera?
Insomma, un omaggio stentato e svogliato, a dir poco, per il popolo del web semplicemente un oltraggio, come testimoniano le centinaia di post che hanno invaso ieri la rete.
Mentre Sara, emozionate e commossa, scriveva su Instagram rivolgendosi al padre («C'era tristezza perché non eri sul palco al nostro posto. Ma c'erano anche tanto orgoglio ed amore, che per un uomo come te avremo fino all'infinito»), in rete si scatenava il putiferio: una cantante come Monica Sarnelli bocciava il siparietto come «vergognoso», un manager delle sette note come Geppino Afeltra parlava di «inutile rappresentazione umiliante», un chitarrista verace e raffinato come Mauro Di Domenico - che al repertorio danieliano ha dedicato il suo ultimo album - sbottava su Facebook: «Ho tirato una scarpa al televisore... Non possono liquidare in meno di due minuti la carriera di Pino con una farsa ignobile, senza una nota del suo repertorio, un brano cantato... Incolpevoli le figlie che hanno ritirato la statuetta all'una di notte, sono convinto che il padre avrebbe tirato la chitarra nel televisore».
Un'occasione persa, che attira su Raiuno nuove critiche dopo quelle causate dal concertone al San Paolo del 7 giugno scorso: ma quello, almeno fu un vero evento; il premio alla carriera di martedì è stato solo una parentesi, mal sopportata. «Per paura della lingua napoletana?», si domandano in tanti su internet, cercando una lettura politica dell'accaduto, ricordando il bluesman che cantava «Questa Lega è una vergogna» e che insultava, proprio dai camerini dell'Ariston, Bossi. Possibile? Probabilmente no, ma davvero Pino Daniele meritava molto di più di quella cerimonietta senz'anima. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino