«Dimmi come si fa senza congiuntivi a diventare una star», canta Flo in «Vulìo», il brano che apre il suo secondo album, «Il mese del...
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A suo agio in un range vocale che evoca la grande Giuni Russo come quella Arisa non sempre valorizzata dai materiali frequentati, Floriana Cangiano (così all’anagrafe) ha messo a frutto l’esperienza sul palco (con Daniele Sepe, con il tour del suo primo disco «D’amore e di altre cose irreversibili», a teatro da «C’era una volta... Scugnizzi» sino al recente progetto al Mercadante su Eleonora Pimentel Fonseca) e si mostra vicina a una maturità - autorale dopo quella vocale - in cui il mese del rosario convive con il mese del peccato, dove la condanna pubblica si confonde con l’indulgenza privata, dove ci si nasconde nelle memorie per evitare di confessare il proprio libertinaggio.
Flo tiene insieme suoni e culture, Francia e morna, schiaffi e carezze. Con voce educata e cattiva, pudica e debosciata, pulita e «dirty», gioca con le lingue, compreso il napoletano («Freva e criscenza»), approdando ad una canzone d’autore da camera che ha il profumo, ma non il ritmo, della world music, che si adagia compiacente sulle percussioni di Michele Maione, sul violoncello di Marco Di Palo, compagni di avventura di un lavoro portato a termine anche grazie al ricorso al crowdfunding.
Brani come la «Controra arancione» sono frutto anche delle esperienze sui palchi del Sunset/Sunside di Parigi, al Razzmatazz di Barcellona, al Stadtgarten di Colonia e al Salao Brazil di Coimbra, mentre l’omaggio a Rosa Balistreri di «Buttana di to ma» e «Terra ca nun senti» la avvicina, forse a sorpresa, anche alla cantantessa Carmen Consoli. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino