FoMo, la sindrome di cui soffre Victoria dei Maneskin. Ecco cos'è

FoMo, la sindrome di cui soffre Victoria dei Maneskin. Ecco cos'è
Tra le nuove forme di dipendenza che colpiscono principalmente i giovani, collegabili all'utilizzo compulsivo degli smartphone, c'è la FoMo, un disagio di cui...

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Tra le nuove forme di dipendenza che colpiscono principalmente i giovani, collegabili all'utilizzo compulsivo degli smartphone, c'è la FoMo, un disagio di cui recentemente ha detto di soffrire anche Victoria De Angelis, la bassista dei Maneskin, durante un'intervista rilasciata a Radio Deejay.

Secondo l'Istituto europeo dipendenze, la FoMo «è la preoccupazione di essere tagliati fuori», che può generare emozioni negative come ansia e depressione, nelle forme più gravi. 

Ed è stata proprio la giovane musicista che durante il programma Say Waad, parlando dell'incontro di Thomas con Madonna, nella sua casa di New York, ha detto di soffrire di FoMo. «Devi sapere che io ho la peggiore FoMo del mondo. Pure se sono stanchissima devo uscire ogni giorno, se no mi perdo qualcosa. Un giorno eravamo a New York e siamo rientrati in hotel all’1 di notte. Thomas (il chitarrista della band) mi chiede di uscire, ma io ero cotta. Ero a letto e alle 2 mi manda un messaggio: Sono a casa di Madonna. Mi ha fatto salire la FoMo», ha detto Victoria, a Radio Deejay.

La sua traduzione è già significativa, Fear of missing out, cioè paura di essere tagliati fuori, che si traduce poi in ansia da disconnessione, un malessere che si è diffuso con i social, un'abitudine che accompagna per ore le giornate di adolescenti e giovani; non si tratta solo di condividere opinioni, stati d'animo, foto e video, ma che crea stati di apprensione, quando non si può partecipare ad un evento e solo il fatto di averlo perso, scatena la FoMo. 

Le caratteristiche della FoMo sono l'opposto di un altro disagio giovanile, comunque sempre legato al mondo del web e dei social, Hikikomori, che al contrario porta chi ne soffre a non nutrire alcun interesse per la socialità, tanto che si preferisce restare chiusi in casa, in un'apatia continua, spesso giocando per ore e ore ai videogiochi, la cui virtualità sostituisce il contatto con la realtà. 

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Il Mattino