Il bello del jazz è che, a volte, ci sono incontri così naturali da sembrare inevitabili. Franco Cerri, novantenne decano della chitarra jazz che un tempo fu noto...
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Che si tratti di standard («Body and soul»), classici brasiliani («Corcovado»), capolavori del jazz («Tke the A train») o della canzone napoletana («Munastierio ‘e Santa Chiara»), i due incrociano le loro sei corde con il sorriso sulle labbra, divertendosi senza mai strafare, applicandosi ad un omaggio a Toots Thielemans ed al suo cavallo di battaglia «Bluesette», ma anche ad uno dei brani più interessanti finora composti dal musicista di Torre del Greco, «Neapolitan minor blues», accompagnati da una sezione ritmica quella sì davvero affiatata e rodata, formata da Simone Serafini al contrabbasso e Luca Colussi alla batteria.
Nessuna novità, per una volta, non vuol dire la stanca riproposizione di una stanca routine, ma il piacere di due chitarre che cantano discrete, sbarazzine, senza voler a tutti costi segnare cesure tra la voce del maestro e dell’allievo Leggi l'articolo completo su
Il Mattino