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Le urla di gioia del Gigi Riva nell’Italia in bianco e nero, i suoi pugni stretti al cielo. Gli stadi in festa, i tifosi in delirio per quel miracolo Cagliari che vince lo scudetto del 1970. E poi Gigi Riva, che ieri ha compiuto 78 anni, che il docufilm di Riccardo Milani «Nel nostro cielo un rombo di tuono» fa parlare seduto sulla poltrona bianca di casa avvolto dalla nuvola azzurrina di una sigaretta, una delle tante. Dov’è oggi quel simbolo d’Italia arrivato in Sardegna da Leggiuno (Varese) nel 1963 e divenuto mito dell’isola che non volle lasciare? È nella frase che sa sempre di bomber: «Il calcio per me è passione», dice Riva. È la cifra, la storia di questo lavoro, prodotto da Wildside e Vision Distribution in collaborazione con Sky, da ieri nei cinema della Sardegna e poi nelle sale italiane. E applausi ieri sera al campione, presente alla prima al Teatro Massimo.
Milani racconta in uno il calciatore vincente di ieri e l’uomo di oggi in una casa normale, senza sfarzo dove spuntano ricordi del Cagliari e la mitica numero 11 azzurra del campione europeo 1968 e del vicecampione del mondo a Messico ‘70. Allora Riva, Riva, Riva da impazzire simbolo e riscatto di una regione. Gigi è timoroso all’arrivo in Sardegna ma poi ne diventa parte e carne in un’Italia segnata da tragedie come piazza Fontana e lotte operaie.
C’è Riva in campo e fuori nel docufilm. L’incredibile avventura dello spaccareti e dei suoi compagni che tra lacrime e sorrisi rivivono l’epopea Cagliari: Albertosi, Reginato, Tomasini, Cera, Gori, Greatti, Niccolai, Domenghini. Un 11 da mito quello dell’Amsicora. E Riva, che rammenta Sandro Mazzola in Nazionale era chiamato «Gigione», diventa protagonista. È una vita bellissima l’incontro tenero con Fabrizio De André ed un lungo silenzio sciolto dal whisky, ricordato in scena dai figli Cristiano e Mauro, Gigi che sfreccia in coupè azzurra da un angolo all’altro della Sardegna, la gente lo ama lui si concede.
Il coupè azzurro di Riva attraversa ancora Cagliari, diretto alla spiaggia del Poetto, tra i saluti della gente. Il regista Riccardo Milani: «Perché raccontare Riva oggi? Per il suo esempio. I suoi valori di umiltà, coraggio, passione, rigore morale sono stati riferimento per me. Gigi è stato importante dentro e fuori dal campo. Ha creduto nel calcio come sport nobile, prendendosi le responsabilità». Anche pagando. «Beh sì ha tenuto una misura anche nel privato», dice Milani: «Il più grande calciatore italiano poteva guadagnare moltissimo andare nelle squadre del Nord ma capì che Cagliari era la sua casa e i sardi gli sono stati riconoscenti. Riva contribuì alla trasformazione di un popolo, prima in Sardegna ci si era sbattuti per punizione». Più uomo verticale o campione? «Tutti e due: campione e “omine balente” come si dice in Sardegna, il complimento più alto che si possa fare qui. Per i sardi è un eroe nazionale. Ho atteso 20 anni prima che accettasse di fare il film».
315 presenze con il Cagliari, 164 gol. Capocannoniere dell’Italia con 35 reti in 42 partite. Le cifre non bastano a descrivere Riva, Milani, ne sottolinea di nuovo «coraggio, onestà e umiltà che possono guidarti anche nel successo. Valori che sono ancora più necessari oggi. Gigi Riva i prezzi li ha pagati tutti. E ha vinto».
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