Il fatto che il loro brano più noto sia diventato l’inno dell’Italia campione del mondo a Berlino (ricordate il celebre “popopopopopopooo…”...
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«In riferimento all'utilizzo di Seven Nation Army in un video della campagna di Donald Trump - si legge nella nota -, i White Stripes desiderano affermare di non avere niente a che fare con questo video. Anzi, sono disgustati da questa associazione e dall’uso illegale della loro composizione».
Parole e musica che assomigliano tanto a quelle di molte altre star della canzone mondiale, a quanto pare, non proprio attratte (è un eufemismo) dalla figura del politico e magnate statunitense. Prima dei White Stripes, infatti, a negare le loro creazioni a Trump per la sua battaglia senza esclusioni di colpi contro Hillary Clinton erano stati, nell’ordine, Adele, che aveva vietato al businessman l’impiego di Skyfall e Rolling In The Deep, i Queen, adirati per l’uso, a loro dire non autorizzato, di We Are the Champions, e, addirittura, Justin Bieber, capace di rifiutare i cinque milioni di dollari offerti dall’entourage del discusso magnate newyorchese per un’esibizione di 45 minuti alla convention Repubblicana di Cleveland.
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Il Mattino