Tra gli episodi più apprezzati della seconda stagione di «Gomorra La serie» ci sono i tre diretti da Francesca Comencini, riconfermata con Claudio Cupellini...
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Ma come s'è posta nei confronti di una materia narrativa così ibrida e oscillante tra finzione e realtà?
«Fin dalla prima stagione, è stata proprio questa la scommessa più intrigante: poter abbinare un approccio quasi documentario per filmare pezzi di una realtà così pervasiva, enorme, invisibile e in fondo misconosciuta del nostro Paese, unendovi una dimensione narrativa di ampiezza e spettacolarità enormi. Mi sono sentita a casa per potermi calare nella realtà e raccontare la contemporaneità italiana come ho sempre fatto, ma la dimensione più action e spettacolare mi ha attratto moltissimo».
Il cortocircuito tra finzione e realtà ha coinvolto anche Fabio De Caro, l'interprete di Malammore, minacciato per aver girato la sequenza dell'omicidio della bambina di Ciro Di Marzio.
«Mi sembra un modo di porsi nei confronti di un testo che rimanda direttamente alla forza di quei grandi racconti popolari capaci di creare nel loro pubblico una tale identificazione da fargli imparare le battute a memoria e calarli completamente all'interno della narrazione. A Napoli questo avveniva già ai tempi delle sceneggiate tradizionali».
Come descriverebbe il punto di vista femminile che le sue regie hanno portato nella serie?
«Credo che una tra le innovazioni più potenti di Gomorra riguardi proprio la presenza di personaggi femminili forti e controversi, ai quali è affidato un rovesciamento del punto di vista. Le donne non sono portatrici solo di buoni sentimenti, ma in quella realtà narrativa cupa e stravolta, sono orribili come gli uomini, pur differenti. La cancellazione della presenza femminile è tra i problemi fondamentali della società italiana e ritengo che sia importante raccontare qualcosa di così spaventoso con una sensibilità diversa da quella maschile e attraverso personaggi femminili forti. E poi le donne conoscono bene il male e la violenza, per esserne state preda per millenni».
Al centro della seconda stagione c'è il personaggio di Patrizia.
«Quel personaggio era scritto molto bene, ma mi sono addossata un bel po' di responsabilità nella sua costruzione e, soprattutto, nella scelta dell'attrice, perché ho fortemente voluto Cristiana Dell'Anna, dimostratasi grande interprete e lavoratrice instancabile. Abbiamo provato molto assieme, per creare la sua camminata, il suo modo di portare la borsa a tracolla, il suo andare di fretta per gestire il ruolo di capofamiglia e di corriere del boss. E ho utilizzato i movimenti di Patrizia per ricostruire attraverso i suoi passi la geografia di quel mondo folle e criminale».
Tra le sequenze di culto e più discusse della stagione c'è anche quella di Scianèl col vibratore-microfono. Com'è nata?
«Grazie a un gioco di squadra tra tutti noi. Ma io l'ho fortemente voluta, mi serviva per rappresentare la disperazione e la penosa solitudine di una donna criminale potente che, in definitiva, è solo una poveraccia. Quella scena, è alternata con le immagini di Marinella che cerca di fuggire e di liberarsi da un mondo che la opprime da anni. E, alla fine, ci riesce e trova la forza di denunciare proprio la suocera Scianèl alla Polizia». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino