«È un vizio italiano prendersela con chi racconta il male invece che con chi lo fa». Dal palcoscenico del Teatro dell'Opera di Roma Roberto Saviano appare...
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«Pietro Savastano è un boss distrutto. Ha perso il regno, gli hanno ucciso la moglie Imma. Ora a Colonia, dove si è rifugiato dopo l'evasione, si scontra con il figlio Genny. E lo strappa via da sé. Ognuno per la propria strada. Per essere Pietro Savastano, deve rinunciare a essere uomo», spiega Cerlino, che gli dà voce e anima. «Genny, rifiutato, cova rabbia. Il dolore, gli errori commessi, lo rendono più maturo e feroce», gli fa eco Salvatore Esposito, che lo interpreta. «In fin di vita dopo che Ciro D'Amore lo ha ferito, risorge dalle proprie ceneri. Con il salto narrativo di un anno, lo troviamo in Honduras, dove si procura droga dai cartelli sudamericani. Quindi, torna. Per agire. Nun sapite che v'aspetta, dice nel trailer».
Marco D'Amore, che è lo scissionista Ciro Di Marzio, l'Immortale: «Sulle ceneri dell'impero Savastano, Ciro colma il vuoto che ha creato tradendoli. Stringe alleanza con Salvatore Conte, tornato dalla Spagna, e con altre famiglie criminali. Ognuno getta nel piatto i propri soldi per acquistare droga; ognuno ha la propria zona; i propri guadagni. Nasce una bizzarra, folle democrazia, in cui ciascun voto vale uno e le decisioni richiedono un quorum. Per conquistare il potere, anche Ciro perde la propria humanitas, e non esita a strangolare la moglie quando lei sta per andare alla polizia perché non regge più la paura di veder morire la loro bimba».Le donne. Donne di Gomorra. Il loro prototipo, nella nuova serie, è Scianel. Le dà volto un'attrice intensa ed esperta, Cristina Donadio: «A teatro sono stata Medea e Clitemnestra, archetipi di donne forti e feroci in un mondo di maschi forti e feroci. Così, anche di Shanel ho fatto un archetipo». «Donne di Gomorra, aspetto sottovalutato del sistema criminale», dice Cerlino. E Saviano: «Ecco a che cosa serve la fiction. Pochi sanno, perché ne ha parlato soltanto la stampa locale, che oggi le giovani mamme dei baby boss convincono i figli a fare rapine più che omicidi. Se assalti una banca, ti danno quattro anni; se ammazzi qualcuno, almeno dieci».E ancora: «Abbiamo scritto le sceneggiatura ossessionati dalla realtà. Anche i dialoghi hanno il ritmo delle intercettazioni telefoniche e degli interrogatori dei boss. Hanno la loro ieraticità. Noi raccontiamo come si altera una elezione con le schede ballerine; come si prepara una esecuzione; come si apre una piazza di spaccio». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino