Alessandro Siani, Tramite amicizia: «Ho detto basta alle favole, ridiamo di problemi seri»

«Al festival di Sanremo parlerò di solitudine, di amicizia e anche di lavoro»

Alessandro Siani sul set di Tramite amicizia
Alessandro Siani non usa i social, ha attivato WhatsApp sul suo cellulare solo l'anno scorso, non risponde alle email di gruppo e riesce a essere ancora amico di alcuni...

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Alessandro Siani non usa i social, ha attivato WhatsApp sul suo cellulare solo l'anno scorso, non risponde alle email di gruppo e riesce a essere ancora amico di alcuni compagni di classe della scuola elementare. Siani crede nell'amicizia e quando, tempo fa, lesse la notizia che a Tokyo esisteva un'agenzia che «affittava amici» a chi si sentiva solo, gli si accese una scintilla nella mente: fare un film sulla solitudine di questa epoca e sul valore dell'amicizia, non solo per divertire, ma per far riflettere sull'uso eccessivo della tecnologia. È nata così l'ispirazione di «Tramite amicizia», commedia diretta e interpretata dal comico napoletano prodotta da Fulvio e Federica Lucisano con Rai Cinema che arriva nelle sale a San Valentino, il 14 febbraio, distribuita da 01 Distribution.

Il protagonista è Lorenzo (Siani), direttore dell'agenzia Tramite Amicizia che offre amici a noleggio, alla quale si rivolgono anche alcuni suoi familiari sul punto di essere licenziati da Alberto Dessè (Max Tortora), proprietario di una fabbrica di dolciumi che decide di vendere. Con la complicità della cugina Filomena (Maria Di Biase) e dell'amica Maya (Matilde Gioli), stabilirà con Alberto un rapporto di amicizia e proverà a convincerlo a salvare l'azienda.

Siani, il film ha un sapore meno favolistico rispetto ai suoi precedenti film.
«Sì, è stata una scelta. Volevo far ridere ma anche ragionare su problemi evidenti a tutti, tangibili. Il tempo delle favole è passato, ma non il tempo per far divertire. È ancora importante scatenare risate disarmanti, che ti spiazzano, per poi far riflettere. In questo film sono rimasto ancorato alla realtà. Con tutto quello che succede intorno a noi, un comico di questi tempi si sente fuori luogo».

Il sentimento da cui è partito è la solitudine.
«Sono partito da alcune domande: quanti amici abbiamo? A quanti di loro diremmo i nostri segreti? E siamo sicuri che nessuno di loro ci tradirebbe? Oggi tanti si sentono soli. La mia generazione è cresciuta in strada. Da ragazzi marinavamo la scuola, poi c'erano i locali, i pub. Sono rimasto sconvolto il giorno che ho visto una comitiva di amici riuniti a cerchio intorno a una persona: non stava raccontando una storia, ma mostrando un video al cellulare».

La prossima settimana sarà ospite al festival di Sanremo. Ha già preparato il monologo?
«No, ma parlerò di solitudine, di amicizia e anche di lavoro».

Il politically correct non imbavaglia i comici in tv?
«Certo, mentre in rete è tutto libero. Verdone sostiene che ha ucciso l'ispirazione: comici scorretti come Pio e Amedeo o Checco Zalone si sono attirati delle critiche. Ma diciamo che il pensiero politicamente corretto può offrirci nuove opportunità spingendoci a riflettere sulla realtà».

Che ne pensa della presenza di Zelensky all'Ariston?
«Ci porterà a una riflessione importante. Passa il tempo e c'è ancora la guerra. Questa guerra non finisce mai. Certo, forse ci saranno polemiche, ma a Sanremo è così: un colpo di tosse diventa polmonite».

Nel film fa una battuta sul reddito di cittadinanza. Pensa sia un errore limitarlo?
«Si può modificare, ma non dimentichiamo che era nato perché manca il lavoro. Senza sussidio, molte famiglie non mangiano. L'alternativa è l'occupazione, altrimenti la gente lascerà il Paese e allora il problema non sarà più il reddito bensì la cittadinanza».

Un'altra battuta richiama il titolo: «in Italia si fa tutto tramite amicizia».
«È sempre stato così: ti serve un amico per trovare un posto in ospedale o anche solo per parcheggiare la macchina. Veniamo da una generazione a cui serviva la raccomandazione per fare tutto. Vero è che il talento entra senza bussare, non ha bisogno di raccomandazioni».

In questo film ha ritrovato vecchi amici, giusto?
«Con Maria di Biase e Max Tortora avevamo lavorato in tv, a Bulldozer. È stato bello ritrovarsi. Anche lavorare con Cecilia Dazi è stato un sogno realizzato. Nel cast c'è anche Francesco Albanese. Con lui ho recitato nel mio primo spettacolo a teatro, a 18 anni, ai tempi della scuola. Era uno spettacolo dedicato a Totò, lo facemmo grazie all'insegnante di religione. Che grance cosa l'amicizia: da allora non mi sono più fermato».

Che cosa si aspetta dalle sale?
«Non mi aspetto un miracolo. Il mercato del cinema ormai è malato, ma noi abbiamo dato il massimo. Spero che il film faccia riflettere su quante vale avere qualcuno con cui aprirsi invece di passare giornate intere davanti al cellulare».

Il 19 febbraio Troisi avrebbe compiuto 70 anni. Lo ricordiamo abbastanza?
«Forse dimentichiamo l'importanza della sua scelta di parlare in italiano dopo i primi film girati in dialetto napoletano. Fu la sua crescita artistica, condivisa nella musica da Pino Daniele. Purtroppo non ho fatto in tempo a conoscere Massimo. Se oggi fosse ancora tra noi sarebbe il mio Siri. Gli chiederei un parere su tutto. Troisi è stato un genio compreso».

Dura di più l'amore o l'amicizia?
«Dura di più il mutuo». 

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Il Mattino