Uno dei più drammatici naufragi del dopoguerra, avvenuto la vigilia di Natale del 1996 nel Canale di Sicilia, che costò la vita a 283 clandestini di origine indiana,...
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«Del libro di Bellu mi ha affascinato anche il naufragio dell’anima – racconta Giuseppe Fiorello, autore del soggetto e della sceneggiatura nonché protagonista nei panni di uno dei pescatori che, per paura di vedersi sequestrare i pescherecci, decisero di rigettare in acqua i cadaveri e tacere la cosa alle autorità – volevo far conoscere al pubblico questa vicenda sepolta in fondo al mare e dimenticata per troppo tempo dalle istituzioni, per chiarire che quella dei pescatori siciliani non fu omertà, ma paura, paura di gestire una situazione troppo grande. Non era facile raccontare questa storia perché qui non si salva nessuno».
«Questo non solo è un film di impegno civile, ma soprattutto racconta con chiarezza che la società civile è la vera politica del paese – prosegue l’attore, che ieri è stato ricevuto dal presidente della Camera Laura Boldrini – L’emergenza migranti non è un problema, se gestita bene. Certo, se li lasciamo stipati nelle palestre, allora qualcuno può diventare braccio armato per spaccio e violenza. Non dobbiamo nasconderci dietro a un dito: la mafia si nutre dell’immigrazione e ne ha fatto diventare un business di altissimo livello, questa tragedia del 1996 è stato il “click” dove la malavita ha capito che contrabbandare esseri umani è meglio che contrabbandare sigarette». Nel cast della fiction ci sono anche Giuseppe Battiston, Roberta Caronia e Angela Curri, mentre la regia è di Alessandro Angelini. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino