Iaia Forte a Napoli:anche il teatro riscopre il ciclone Elvira Notari

Al San Ferdinando la vicenda della regina del cinema muto: il fascismo censurò i suoi film

Iaia Forte e Andrea Renzi
Coincidenza non indifferente: la presentazione di uno spettacolo su Elvira Notari, coraggiosa imprenditrice del cinema muto napoletano con la sua Dora film e il marito Nicola,...

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Coincidenza non indifferente: la presentazione di uno spettacolo su Elvira Notari, coraggiosa imprenditrice del cinema muto napoletano con la sua Dora film e il marito Nicola, vessata dal fascismo in ascesa di fine anni Venti, avviene nello stesso giorno in cui i giornalisti Rai scioperano contro «l’uso della tv pubblica come megafono del governo». Censura ieri, oggi, sempre: l’arma di ogni potere. Il suo fantasma aleggia anche nel foyer del San Ferdinando, dove Iaia Forte, Andrea Renzi e il regista Gianfranco Pannone, noto documentarista napoletano prestato ogni tanto al teatro, illustrano «Cinemamuto», drammaturgia del romano Roberto Sacchetti, che da domani a domenica 19 concluderà la stagione del San Ferdinando.

Dopo l’oblio, la Notari diventa oggetto di interesse: l’anno scorso Giuliana Bruno, napoletana che insegna ad Harvard, le ha dedicato il libro Rovine con vista; si progetta una fiction; e, da poche settimane, Iaia ha terminato le riprese, per Raiuno, di un documentario diretto da Valerio Ruiz. Chi era la Notari? L’attrice: «Salernitana, artista e imprenditrice, donna dal carattere fortissimo, - era “La marescialla” - anticipò il neorealismo». Pannone: «Con i suoi film tra mélo e sceneggiata, ha rappresentato l’anima autentica di Napoli, quella popolare». Ed entrambi precisano: «Mostrare la miseria del vicolo, i bassifondi, l’anarchica vitalità partenopea non piaceva al regime».

Lo spettacolo, infatti, in un ambiente anonimo, «un po’ cinema, un po’ ufficio», mette in scena in cinque quadri i confronti, avvenuti tra il 1925 e il 1928, tra Elvira e Leone, «che è il suo opposto», spiega Renzi, «funzionario colto, alto-borghese, rigido, fedele al ruolo assegnatogli dal partito, attento a tutelare la nuova immagine dell’Italia». E lei? «Restò fedele, ma soltanto a se stessa».

Pannone: «Leone rimbrotta, consiglia - ordina - di ammorbidire, cambiare, tagliare fino all’incomprensibilità le sceneggiature di eccessivo impatto realistico». Iaia: «Anche la lingua napoletana, che noi usiamo in scena, è sottoposta a critiche. Insomma, le sottrassero il linguaggio espressivo».

In questo contesto, l’allestimento offre al pubblico sia canzoni che vanno da quelle d’epoca a Mario Merola, sia la possibilità di rivedere alcune sequenze dei pochi film rimasti della Notari.

Pannone: «Tra esse, ci sono quelle, rinvenute di recente, di una processione a Trevico, la terra di Ettore Scola; perché Elvira, oltre girare per le strade, fondare una società di produzione, istituire una scuola di cinema, fu anche tra i primi a esportare il cinema italiano all’estero. Andò negli Usa, tra gli emigranti, che le affidarono il compito di filmare immagini dei loro paesi, per avere memoria delle radici».

Alla fine, «vittima delle pressioni e delle minacce, la Notari abbandonò tutto e si ritirò a Cava de’ TIrreni, dove morì nel 1946», aggiunge Iaia». E Pannone: «Il suo silenzio corrisponde anche all’arrivo del cinema sonoro, ma noi puntiamo tutto sui rapporti con la dittatura». Iaia: «È impressionante come la censura possa togliere pensiero e voce a un essere umano... impressionante anche il cortocircuito col presente».

 

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Il Mattino