Tropico vara in barca il suo nuovo album

Festa in mare, canzoni con Madame, Mahmood, Raiz e Cremonini

Tropico
Davide Petrella è il re Mida delle classifiche, la firma dietro «Due vite», «Cenere», e un bel po' di hit di Cremonini, Fedez e J Ax, Fabri...

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Davide Petrella è il re Mida delle classifiche, la firma dietro «Due vite», «Cenere», e un bel po' di hit di Cremonini, Fedez e J Ax, Fabri Fibra, Elisa, Mahmood, Marracash, Amoroso.

Napoletano, quando fa musica a proprio nome si fa chiamare Tropico: ieri sera ha presentato il secondo album, «Chiamami quando la magia finisce», al largo di Castel dell'Ovo, su una nave, tra fan, amici (Takagi e Ketra, Coez, The Jackals) e i collaboratori con cui ha realizzato un disco bello e possibile, sospeso tra pop e canzone d'autore, che a tratti sfoggia il flow affilato di un rapper, ma hip hop non è, che ha l'hype del suono urban, ma urban non è, e che si concede il lusso emozionante almeno di due perle in dialetto: «M'arricordo e te», sequel di «Nun te scurda'» degli Almamegretta, diviso con il leggitimo proprietario Raiz, e la muroliana malia di «Anema e notte», debutto in lingua partenopea di Madame: promossa.

Mahmood («Fantasie»), Cesare Cremonini («Zona Nord»), Franco 126 («Televisione» non sono «feat», «ma fratelli di musica, collaborazioni che sanno di buono e di vero, come la produzione verace di D-Ross e Startuffo, o la mano autorale di Ceri e di Davide Simonetta», spiega felice come una pasqua Petrella/Tropico: «Per il disco, per questa festa, per quella data del 23 dicembre al Palapartenope che non si dice, ma se succede...». I biglietti venduti sono già 3.500, se succede... «Sarà un bel Natale, con i pastori, il capitone e la zuppa maritata», sorride Davide, che ha il gusto per il retrofunky d'annata, per la citazione del neapolitan power, l'omaggio gainsbourghiano, la ballata verace per sola voce e chitarra, acustica, delicata: «Simme sule guaglione ca nun sapene e niente, nun sentimmo a nisciuno mai mai, che ogn'ammore è pe' sempe. Sulo a musica è overo, tutto o resto se ne va, ma, t'o giuro, io pe' te me facesse accidere».

Antico, moderno, spregiudicato, ambizioso («lo so che riempirò gli stadi»), il cant/autore con un passato da band (Le Strisce) e «una mentalità da team», canta di Sorrentino e Kvaratskhelia, usa un dialetto meno contratto e più nobile dei trapper: «Ho sempre scritto in napoletano, ma ho aspettato a usarlo. Se ti accontenti del suono è perfetto sempre, altrimenti devi lavorarci tanto su», racconta, fiero di aver scoperto che un bisnonno materno, S. N. Tortora, ha scritto canzoni per Gilda Mignonette. Una bella storia per uno che oggi canta: «Io tengo a capa alla musica, a parte essa si' l'unica». Prossima destinazione Sanremo: come Petrella o come Tropico?

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Il Mattino