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Alla vigilia dell'incoronazione di Carlo III e di sua moglie Camilla nell'abbazia di Westminster arriva su Netflix, dal 4 maggio, un'altra saga royal, «La regina Carlotta - Una storia di Bridgerton». Non un semplice prequel del popolare ciclo modellato dal talento di Shonda Rhimes («Grey's Anatomy», «Scandal»), ma una vera e propria miniserie in sei episodi su amore e potere. E sui cambiamenti sociali che, ha spiegato l'autrice e produttrice, regina indiscussa della serialità, ha portato al «melting pot» dell'alta società inglese così come l'abbiamo vista nelle stagioni precedenti di «Bridgerton».
Al centro dello spin-off c'è lei, Carlotta di Meclemburgo-Strelitz, una brillante diciassettenne tedesca costretta dalla famiglia a sposare un uomo mai visto, Giorgio III di Gran Bretagna e Irlanda, il re folle, e a mettere al mondo un erede al trono per assicurare continuità al casato. Inoltre, complice «un grande esperimento» mai attuato prima dalla corona inglese, per via di lontane ascendenze moresche è destinata per volere della scaltra Principessa Augusta, la madre di Giorgio, a diventare la prima sovrana di origini africane, capace di contribuire per questo all'unione delle varie parti sociali del regno. Ma il matrimonio con il re, affascinante e fragile, si rivelerà più complicato del previsto, tra momenti di passione e di sconforto che metteranno a dura prova l'unione tra i due sovrani, senza mai spezzarla del tutto.
Giocando con scioltezza tra passato e presente, «La regina Carlotta» costruisce intorno alla protagonista quei legami di affetto e di sorellanza che abbiamo visto così importanti nelle prime due serie, grazie alla presenza di Lady Danbury, una giovane donna sagace e combattiva che resterà sempre accanto alla sua Queen, e della viscontessa Violet Bridgerton, raccontata per la prima volta nei suoi sentimenti di donna e non solo come madre di un'allegra brigata di ragazze e ragazzi da sposare bene.
Amori, ironia, dialoghi serrati, lusso, musica pop, riferimenti storici disseminati qua e là compongono le tessere di un racconto polifonico, dove anche i valletti di corte si ritagliano un loro spazio. «Questa non è una lezione di storia, è finzione ispirata a eventi reali. Tutte le libertà che l'autrice si è concessa sono da ritenersi intenzionali» avverte la voce narrante di Julie Andrews.
Nonostante le difficoltà di una simile unione, aggravata dalla necessità clinica di vivere separati anche per lunghi periodi, il re e la regina ebbero un matrimonio solido e allietato da quindici figli ai quali toccò, come si vede nella serie, assicurare un futuro alla corona proprio come aveva fatto Carlotta. Nei panni della sovrana diciassettenne, crinoline e maestose pettinature comprese, c'è India Amarteifo, Corey Mylchreest è re Giorgio, mentre Arsema Thomas incarna la giovane Agatha Danbury, interpretata nell'età adulta da Adjoa Andoh. Su tutti, spicca Gilda Rosheuvel, la regina Carlotta nel pieno della sua maturità di sovrana, un personaggio arguto e saggio che si era già fatto notare nelle prime serie e qui viene arricchito senza pesantezze.
Carlotta resta la lettrice più attenta delle cronache mondane della misteriosa Lady Whistledown, in grado di influenzare con le sue rivelazioni la stagione dei matrimoni di Londra, ma anche la paladina dell'integrazione, per via del colore della pelle e per le politiche inclusive, all'avanguardia su questi temi molto prima di Megan Markle. Rosheuvel, di madre inglese e padre guyanese, è un'affermata attrice della Royal Shakespeare Company, nota in Inghilterra per aver interpretato in teatro un Otello donna. Quanto alla serie madre sui Bridgerton, il terzo capitolo sarà incentrato sulla storia di Colin, il fratello artista di Daphne e Anthony, e di Penelope, il «diamante» più enigmatico della corte. I colpi di scena non mancheranno.
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