«Chiariamolo, il mio non è l'ennesimo film su Moby Dick, la cui storia è già oltremodo nota, ma il racconto dell'incredibile avventura degli otto marinai sopravvissuti...
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Come ha scelto gli attori e cosa ha suggerito loro per affrontare al meglio le riprese?
«In un film corale come questo, la scelta del cast richiede cura minuziosa. Non mi bastava che gli attori rappresentassero bene il carattere del proprio personaggio, ma avevo bisogno che lavorassero in armonia tra loro e, soprattutto, che fossero pronti a sopportare i tanti disagi di una produzione del genere. Mi riferisco, per esempio, alle difficili condizioni metereologiche affrontate durante le riprese in mare e alla richiesta di perdere peso per essere credibili nei panni di naufraghi. Ho chiarito subito che per questo film tutti avrebbero dovuto soffrire. Nessuno si è mai lamentato e, anzi, abbiamo vissuto in un clima di collaborazione ed entusiasmo».
Quali sono state le maggiori difficoltà durante le riprese?
«Le scene più complesse sono state quelle realizzate negli studios dove abbiamo riprodotto le tempeste in una vasca. Il modellino della nave era sostenuto da una sospensione cardanica che oscillava nel girare. Risultato? Gli attori, già provati dai barili di acqua gelata che gli rovesciavamo addosso, erano disorientati. Quanto alle riprese in mare, i disagi sono stati soprattutto il vento, il sale sulla pelle e i cambiamenti di clima repentini».
“Heart of the Sea - Le origini di Moby Dick” non è solo un film d'avventura.
«Il film tratta diversi temi: l'ambizione, l'introspezione, l'amicizia. C'è poi l'elemento mitico della balena, metafora della forza della natura svegliata dall'uomo, più simile a King Kong che allo Squalo. Ma è anche la storia dei nostri tempi: l'olio di balena era la prima fonte di energia all'epoca e, in questo senso, Nantucket è come l'Arabia Saudita di oggi. I balenieri non cacciavano per il cibo ma per l'olio, per i soldi».
Molti la ricordano tra i protagonisti della serie Happy Days. Sia sincero, la maturità ha cambiato Ron Howard?
«Quando ho recitato in Happy Days stavo ultimando l'università di cinema e volevo diventare regista. Serie di grande successo, per me ha rappresentato un trampolino di lancio, ma non mi ha mai distolto dal mio obiettivo professionale. L'esperienza come attore, in ogni caso, mi ha agevolato come regista. E se negli anni sono cresciuto sotto l'aspetto “visivo”, mantengo ancora il gusto di raccontare le storie in modo semplice».
Uno sguardo al futuro: presto inizierà le riprese del suo prossimo film, “The girl before”. Che cosa ci può anticipare?
«Sarà un thriller psyco-sexual basato sul riadattamento dell'omonimo romanzo di J.P. Delaney, pseudonimo di Tony Strong». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino