Addio a Leon Russell lo sciamano del rock

Leon Russell
La settimana triste del rock si chiude con la scomparsa, a 74 anni, di Claude Russell Bridges, in arte Leon Russell: era stato il superfreak delle tastiere che divise con Joe...

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La settimana triste del rock si chiude con la scomparsa, a 74 anni, di Claude Russell Bridges, in arte Leon Russell: era stato il superfreak delle tastiere che divise con Joe Cocker l'avventura del circo di «Mad dogs and Englishmen», aveva suonato nella versione originale della «Mr. Tambourine man» dei Byrds, aveva diretto la band del «Concert for Bangladesh».

«Fu un mentore, ispiratore e così gentile con me. L'ho amato e sempre così sarà», ha twittato ieri Elton John, che l’aveva ritrovato al suo fianco nel 2010, in «The union».
Se quello è rimasto l'ultimo album di Leon (aveva dovuto interrompere le session per operarsi al cervello), se «Carney», del '72 rimane probabilmente il più riuscito, ed autobiografico, dei suoi lavori, l'uomo di Lawton, Oklahoma, che costruì la Shelter Records (la sua etichetta-reggia del funk con piscina decorata dagli armadilli di Jim Fraklin) in una città chiamata Disney ed è morto a Nashville, è stato una sorta di coscienza sudista del rock, un pontefice blasfemo, uno sciamano sonico che ha attraversato le carriere di Frank Sinatra, Phil Spector, George Harrison, Eric Clapton, Ringo Starr, John Lennon, Bob Dylan (produsse «Watching the river flow»), Rolling Stones, Beach Boys, B.B. King... C'è un film, «A poem is a naked person» di Les Blank (girato tra il '72 e il '74 ma uscito solo nel 2015) a raccontare la sua personalità estremista, ma soprattutto il crogiuolo di suoni che spuntava dalle punta delle sue dita, che stesse componendo o semplicemente pestando sul pianoforte: Ray Charles incontrava i suoni del confine texano, il r'n'b giaceva con l'hard rock primigenio, le ballate della tradizione rendevano omaggio a Dylan, il canto si faceva laicamente religioso evocando predicatori come Oral Roberts.

In Italia lo avevano cantato Mina, anzi Bay Gate («Delta») e Mia Martini («This masquerade», che valse nel '76 un Grammy a George Benson), tra i suoi pezzi di maggior successo c'è «A song for you», incisa da Michael Bublé, Whitney Houston, Ray Charles, Joe Cocker, Carpenters, Temptations, Neil Diamond, Lou Rawls, Dusty Springfield, Aretha Franklin e Willie Nelson.

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Il Mattino