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Non è facile raccontare uno spettacolo di successo, ormai diventato un cult, eppure puntualmente in grado di regalare intensità e brividi a ogni replica come “MDLSX” dei Motus, in questi giorni al teatro Bellini (dopo una prima fase al Piccolo sarà nella sala grande nell'ultima decade di gennaio); è diretto da Enrico Casagrande e Daniela Nicolò che firma anche la drammaturgia insieme a Silvia Calderoni, la protagonista, il centro della scena col suo dj set sfrenato. «Secondo me le emozioni non possono essere descritte da singole parole», è infatti la prima battuta del lavoro, tratta dal romanzo “Middlesex” di Jeffrey Eugenides a cui si ispira lo spettacolo. La storia di Calliope (detta Callie e successivamente Cal), discendente di due fratelli che avevano deciso di amarsi, dalla medicina descritta come pseudoermafrodito.
Il corpo della Calderoni risponde al personaggio, dando vita a una serie di molteplicità: il racconto autobiografico si mescola con quello di Cal, un doppio schermo che si estende anche con la presenza del corpo.
La performance racconta il mondo “mostruoso” di chi chiede diritto alla vita. E sono gay, lesbiche, trans, bisessuali, marxisti, streghe, ribelli. Lo fa tramite il nudo e le trasformazioni, la ricerca dei ragazzini alla scoperta del proprio stare al mondo, con le sue mutevolezze. Le riprese dal vivo, con una telecamera che la Calderoni tiene in mano, raddoppiano la sua presenza scenica attraverso l‘immagine proiettata su uno specchio. Il racconto soggettivo svela le narrazioni oggettive della storia, in particolare su come le categorie scientifiche hanno classificato piante, animali, generi, corpi. Lo specchio della scena non basta a contenerla: lei muta, ed è Narciso, richiama le piante che sbocciano dietro di lei nel riflesso dello specchio, mentre ricorda: “Non conta se siamo uguali o simili, ma quello che ci fa stare insieme”. E così ciò che la scienza chiama il “mostro” diventa speranza di vita, felicità della metamorfosi.
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