VENEZIA - «Jackie Kennedy? Il ruolo più difficile della mia vita». E quando Natalie Portman lo dice, alla conferenza stampa di Jackie di Pablo Larraìn,...
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Ambientato nell'arco dei giorni successivi all'attentato del novembre 1963 a John Kennedy, il film è un viaggio emotivo nel cuore di una donna distrutta dalla perdita dell'uomo amato, e schiacciata dall'ingombrante ombra della famiglia di lui: «Ero spaventatissima all'idea di diventare Jackie, ho pensato che fossero pazzi a offrirmi questo ruolo, pensavo di non farcela».
A rendere difficile il compito dell'attrice, però, è soprattutto il carico di aspettative che grava sul racconto di una figura così discussa come quella di Jackie, che sposò in seconde nozze (e non senza polemiche) l'armatore greco Aristotele Onassis. «Non ho un giudizio preciso su di lei né mi interessa criticare le sue azioni. È stato interessante raccontare la sua battaglia nei giorni successivi alla morte del marito. E mi commuove immaginare come, pur dovendo gestire le sue incombenze private, abbia sostenuto in pubblico la responsabilità di essere un simbolo del paese».
Anche per questo Portman tiene a sottolineare: «Non ho voluto contattare nessuno della sua famiglia. Jackie è un film di finzione basato su una persona reale, ma non racconta cosa sia successo esattamente, nessuno sa davvero cosa abbiano pensato i protagonisti di quella tragedia. È tutto frutto di immaginazione».
Mette le mani avanti, Portman, a chi prova a collegare la figura carismatica di Jackie con quella, di tutt'altra natura, della candidata alle presidenziali americane Hillary Clinton: «Non so se la Casa Bianca sia diventata oggi un posto più accogliente per le donne - ha detto - sarebbe ora». A Venezia anche con un altro film, Planetarium, presentato oggi in concorso («È la prima volta che sono stata diretta da una donna, e da una donna che è anche mia amica»), l'attrice vede nel suo futuro soprattutto la regia: «Dopo tanti anni amo ancora recitare, ma mi sento pronta per esprimere la mia visione del mondo. E non c'è modo migliore per farlo che dietro alla macchina da presa». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino