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«Ogni anno, al Cilea, organizziamo uno evento impossibile da produrre. Lo mettiamo in scena per quattro giorni e, poi, lo smontiamo per sempre. L’anno scorso ideammo “La Smorfia”, che non voleva essere un banale omaggio a Troisi, ma una festa spontanea nell’ideazione, semplice nello spirito, difficile nella costruzione. Invitammo tanti artisti con l’intento di rivitalizzare il repertorio del celebre trio, Ficarra e Picone, Decaro, la Porcaro, Aldo di Aldo, Giovanni e Giacomo... Quest’anno ci riproviamo con “I tre terones & friends”. Lo scopo è identico: divertirci, divertire, improvvisare».
Lello Arena spiega la genesi dello spettacolo che debutterà giovedì nella sala di via San Domenico, al Vomero, di cui è direttore artistico, con replica il venerdì e doppia replica il sabato. Stop. Al suo fianco sarà un amico di vecchia data, anch’egli uomo del Sud, artefice di una comicità che galleggia tra il nonsense e la follia, che storpia le parole minandone il senso, che trasporta il pubblico nella dimensione beata dell’umorismo onirico: il messinese Nino Frassica, forgiato alla scuola di Arbore. Sì, però i conti non tornano. Perché i «terones» del titolo sono tre, mentre voi siete in due. Il terzo chi è?
Lello: «Sorpresa! Lo scoprirà chi verrà a teatro.
Nino, chi è Lello Arena? «Un gran signore, una persona perbene... uno che ha capito come si fa intrattenimento, che conosce i tempi e i ritmi del teatro. Certo, è avvantaggiato». E perché? «Perché voi napoletani ce l’avete nel Dna il teatro! Lello ha in sé la lezione della tradizione, ma sa usarla in forme intelligenti e moderne. Parte da una base classica, la commedia dell’arte, per poi librarsi nei cieli della comicità di oggi. Ha gusto e ironia». Lello, chi è Nino Frassica? «Due cose. La prima: è una brava persona, un brav’uomo, corretto. Ha i fondamentali a posto; e incontrarne, di questi tempi, è già una ricchezza. Secondo: è un artista vero. Entrambi, alla nostra ragguardevole età, abbiamo ancora voglia di scoprire nuove frontiere e forme di leggerezza». Che cosa le piace di più del suo modo di essere artista? «Non è mai scontato. Con lui posso mettere sul tappeto il mio repertorio sicuro del risultato».
Frassica, un’ultima curiosità: al principio della sua carriera, a cavallo tra ’69 e ‘70, lei si esibiva in un gruppo dal nome inconsueto, I Cantatori Pelosi Figli della Cantatrice Calva... «Amavo Ionesco e il suo teatro dell’assurdo. Dovete capire che io ho una predisposizione genetica per il surreale. Da ragazzo non sopportavo i luoghi comuni, l’ovvio, il consueto. Il mio modo di far ridere è un atto di ribellione. Se la realtà non mi piace, la modifico. La altero. Ne creo una che sia tutta mia».
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