Paolo Villaggio va in Paradiso. È morto ieri, all'età di 84 anni, il grande attore che ha rivoluzionato la comicità raccontando le frustrazioni...
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Naturalmente il genovese classe 1932 Villaggio non è stato solo la quintessenza della nullità sociale incarnata nelle maschere di Fantozzi o Fracchia, bensì un professionista curioso e versatile, cresciuto nel sodalizio con Fabrizio De André, maturato come Enzo Tortora e Carmelo Bene nel laboratorio della compagnia teatrale Baistrocchi e lanciato come cabarettista dal mitico Derby Club di Milano. Apparso sul grande schermo alla fine degli anni Sessanta, sabota da subito il ruolo da caratterista ritagliandosi nella magmatica evoluzione della commedia all'italiana uno spazio tutto suo, quello, appunto, di un Franti della comicità, un kamikaze del sarcasmo, un paradosso animato non a caso consono alle scariche di cinismo care a registi-contro come Monicelli, Salce, Ferreri. Una delle cantonate che adesso viaggiano (propalate purtroppo anche dall'ambito familiare) sull'onda delle commemorazioni è quella di una carriera che sarebbe stata sperperata nella routine commerciale e riscattata solo dall'intervento in extremis dei Fellini («La voce della Luna») e degli Olmi («Il segreto del bosco vecchio»): a questo proposito quanto ci piacerebbe avere registrato qualcuna delle esilaranti dissacrazioni del culto cieco e acritico concesso ai film «autoriali» che abbiamo ascoltato dalla sua viva voce nel corso di una premiazione o di un festival...
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