Fu scritta a fine 600, commissionata dai Gesuiti che volevano distogliere il popolo dalla visione di spettacoli natalizi blasfemi. L'abate Perrucci la firmò con il nome...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Barra, lei è a Catania dove nel frattempo la sua «Cantata dei pastori» è stata trasformata in opera lirica e dove è in scena fino a stasera.
«È un'emozione poterla portare sul palco anche in questa nuova forma, prova che l'opera è aperta sempre a possibili variazioni sul tema. L'ho riscritta e rielaborata pur restando fedele alla tradizione. Ora, grazie all'invito del Bellini, per la prima volta si configura come opera confermandosi il testo più vitale e longevo della tradizione del teatro barocco napoletano. E va sottolineato che in origine non c'era la musica, arrivata solo dopo, nel corso dei secoli. Una miscela di linguaggi artistici che la rende unica».
La lingua napoletana è stata un ostacolo per l'esportabilità dello spettacolo?
«Mai. L'abbiamo portata in giro per l'Europa: Francia, Inghilterra, Paesi Baschi, Svizzera, Spagna e altri paesi ancora, e sempre con successo straordinario. La magia è nell'atmosfera, nella gestualità, nella musica, non c'è bisogno di didascalie. Il messaggio è universale, si parla del bene e del male, si narrano le vicissitudini di Maria e Giuseppe nel loro viaggio verso Betlemme, le insidie dei Diavoli che vogliono impedire la nascita del Messia, la loro sconfitta per mano degli Angeli e l'adorazione di personaggi presepiali quali pastori, cacciatori e pescatori».
Accanto al suo Razzullo, scrivano inviato in Palestina per il censimento della popolazione, ci sono stati tanti Sarchiapone diversi.
«Sarchiapone è un personaggio-chiave, a partire dall'indimenticabile interpretazione di mia madre Concetta. Dopo di lei ci sono stati, tra gli altri, Giovanni Mauriello, Umberto Bellissimo, Salvatore Esposito, Teresa Del Vecchio. Ora c'è un nuovo Sarchiapone interessante, interpretato da Salvatore Misticone, che non somiglia a nessuno degli altri. Non dico di più, sarà il pubblico a giudicarlo».
In contemporanea c'è al Delle Palme una versione diversa dell'opera, «Razzullo e Sarchiapone nella Cantata dei Pastori», con Giovanni Mauriello e Benedetto Casillo.
«Non commento, ha un altro titolo e dunque non è la Cantata, che considero un po' una mia creatura visto che ci ho lavorato una vita esportandola anche all'estero».
E stasera la Nuova Compagnia di Canto Popolare di Fausta Vetere e Corrado Sfogli festeggia in scena al Palapartenope i 50 anni di carriera con Eugenio Bennato.
«No, non è la Nccp quella che festeggia, è un'altra cosa, che non mi interessa. La Nuova Compagnia è quella fondata da De Simone e che aveva in formazione il sottoscritto, Eugenio Bennato, Patrizio Trampetti, Giovanni Mauriello, Carlo d'Angiò, Nunzio Areni e Fausta Vetere, che comunque subentrò dopo. Se per il cinquantenario non ci siamo noi, mi spiegate cosa si festeggia? E come si permettono di farsi chiamare Nccp se non c'è colui che ha creato tutto, ovvero Roberto De Simone? Senza di lui non esisterebbero». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino