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Dicasi «pastiche» un’«opera letteraria, artistica o musicale in cui l’autore ha deliberatamente imitato lo stile di un altro o di altri autori». E «Pastiche» l’album che tiene insieme De Gregori & Zalone, inizia dalla copertina, omaggio al mitico «Carosello n.2» (1955) di Carosone, e continua con l’inedita «Giusto o sbagliato», che inizia come una traduzione di «My way»: «Quello voleva essere all’inizio, poi però ho capito che era meglio non confrontarsi con Sinatra e Presley, così ho scritto una cosa nuova, o quasi, che è sempre il bisogno di fare un bilancio della propria esistenza, cosa che alla mia età è naturale», confessa il settantatreenne principe della canzone d’autore, divertito dalla strana coppia con il signore della comicità.
Ma «Pastiche» è disco serio, vintage, anzi proprio ancient regime. Acustico, con Checco al piano, Ciccio alla voce e pochi altri musicisti. Il repertorio è degregoriano («Pezzi di vetro», «Rimmel», «Falso movimento», «Buona notte fiorellino», «Ciao ciao»), zaloniano («La prima repubblica» e «Alejandro», ma adagiate su temi e riff degregoriani), ma non solo: c’è il Pino Daniele di «Putesse essere allero», c’è il Venditti di «Le cose della vita», c’è «La storia di Pinocchio» che Fiorenzo Carpi affidò a Nino Manfredi per il film tv di Comencini, c’è il Paolo Conte di «I pittori della domenica»: «È una bella descrizione lirica dell’amore per l’arte da parte di chi non riesce a farla. A noi che siamo arrivati capita di provare la sensazione di avere usurpato qualcosa ad altri ugualmente bravi».
Il piano di Luca Medici (così all’anagrafe il mattatore pugliese) rallenta il ritmo, allarga le melodie anche evitando di seguirle, guarda al jazz con pudore, mentre Francesco si fa crooner («e perdonatelo per le stonature»), scherza l’amico. «Sì, siamo amici», conferma Zalone, «uno dei pochi che ho nel mondo dello spettacolo.
Da Carosone a Pino Daniele, De Gregori, che con il Lazzaro Felice è andato in tour (con Ron e Mannoia) replica l’esperienza in napoletano dopo «Anema e core». Ma i due non vogliono prendersi troppo sul serio, proprio come il maestro Renato. Il primo incontro? «Era stato sollecitato da un messaggio firmato Francesco DG, credevo fosse dj Francesco», scherza lo showman. «La prima repubblica» è la sapida descrizione di un mondo che abbiamo dimenticato per non ricordare da dove veniamo, «Alejandro» più politicamente scorretta, tanto da arruolare nel suo spagnolo maccheronico, persino il famigerato Pablo, che l’hanno ucciso ma è vivo, e se l’avessimo sentito tirato in ballo così all’epoca in cui cantavamo il suo nome a pugni chiusi ce la saremmo presa molto male.
Prossimo step il 5 e il 9 giugno alle Terme di Caracalla (in scaletta, vedrete, spunteranno anche «I uomini sessuali» e una «Generale» in inglese. Poi magari al cinema. Intanto, ricorda Checco, «pastiche suona come pasticcio, speriamo sia buono». E Ciccio riassume: «È solo un mash up di canzoni all’antica».
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