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Da quando è stata lanciata su Youtube una settimana fa ha suscitato reazioni contrastanti: c’è chi si è scagliato contro quest’operazione, gridando al sacrilegio, altri invece hanno apprezzato parecchio. Di certo, intorno a questa nuova versione di Nero a metà, probabilmente il disco più conosciuto di Pino Daniele, si è creata grande curiosità. Innanzitutto, ci si è chiesti di chi fosse quella voce orientale che, in un napoletano abbastanza discutibile, aveva ricantato i 12 brani che compongono l’album pubblicato dal cantautore partenopeo nel 1980. Ma, soprattutto, c’era il sospetto che dietro queste cover così particolari ci fosse una misteriosa manovra commerciale, magari concepita tra Tokio e Pechino.
L’arcano è stato svelato stamattina, quando a La Radiazza, trasmissione in onda su Radio Marte, è intervenuto il titolare del canale Youtube, dove è stata pubblicata la playlist chiamata Miku a metà di Hatsune Miku: «Non sono giapponese e non sono nemmeno mai stato in terra nipponica – ha chiarito ai conduttori Gianni Simioli e Serena Li Calzi, che l’hanno raggiunto telefonicamente –. Sono un ragazzo di Secondigliano di 17 anni e ho fatto cantare i pezzi di Pino Daniele a un vocaloid, una voce elettronica creata grazie a un sintetizzatore vocale sviluppato dalla Yamaha e di proprietà della Crypton».
Quello dei vocaloid è un fenomeno molto in voga in Giappone fin dal 2007, quando viene lanciata la prima voce sintetizzata, sviluppata attraverso il campionamento della cantante e doppiatrice nipponica Saki Fuijta. Alla voce viene assegnato il nome di Hatsune Miku, che in giapponese significa “prima voce del futuro”, e successivamente viene concepita come personaggio manga, attribuendole le sembianze di una ragazzina di 16 anni. Così, in forma di ologramma, Miku inizia a esibirsi in veri e propri concerti e a partecipare a trasmissioni televisive, tanto da diventare una popstar molto amata.
«Non esiste una versione del software della Crypton in napoletano o in italiano, ovviamente – ha spiegato Wooby, che è il nick con cui il 17enne si presenta sui social network e con cui vuole essere identificato –. Così ho dovuto ricostruire tutte le canzoni utilizzando i fonemi giapponesi e non è stato un lavoro facile. In più ho dovuto trascrivere tutte le melodie al piano». Insomma, dietro quella che può apparire una trovata goliardica di un ragazzino c’è molto studio e dedizione: «Da molto tempo creo contenuti video per i miei canali social e in futuro vorrei approfondire le conoscenze in questo campo, iscrivendomi all’Accademia d’arte – dichiara Wooby –. Di solito pubblico cose più forti, ma stavolta ho voluto omaggiare un artista che apprezzo molto, grazie ai miei genitori. E magari con queste cover posso farlo conoscere anche ai più giovani che non l’hanno mai ascoltato».
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