«Piuma», qualche fischio ma tante risate e applausi per la commedia di Roan Johnson

Il cast del film
 Molte risate durante la proiezione, applausi e qualche fischio alla fine al mattino, poi nella proiezione per il pubblico 10’ di ovazione. Un critico si indigna e urla...

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 Molte risate durante la proiezione, applausi e qualche fischio alla fine al mattino, poi nella proiezione per il pubblico 10’ di ovazione. Un critico si indigna e urla «vergogna» nel buio della sala, un altro, di opinione opposta, perde le staffe durante la conferenza stampa salutando la pellicola come una «liberazione dalla noia del concorso». E così il secondo film italiano nella selezione ufficiale di Venezia, la commedia Piuma di Roan Johnson, finisce per diventare un piccolo “caso” che divide la critica oltre ogni ragionevole aspettativa.


«Lo so che partecipare al concorso con una commedia è un caso più unico che raro a Venezia - ha detto il regista - e lo considero come un grande attestato di stima e di amore per una tradizione che nel nostro paese ha prodotto film invidiati in tutto il mondo». Una tradizione, quella della commedia all’italiana, che nel film di Johnson vuole fondersi a «modelli più moderni, come la commedia indipendente americana, alla Little Miss Sunshine», e che «in un’epoca di grandi contraddizioni prova a volare con l’ottimismo dell’incoscienza e del sogno». Ma che per sostanziale leggerezza, e forse un pizzico di mancanza di ambizione, finisce per stridere in un concorso abitato (anche) da opere di ricerca e sperimentazione.

Così come stride, e fa discutere il Lido, l’esclusione dalla stessa competizione di due italiani che avrebbero meritato una vetrina maggiore: il surreale Orecchie di Alessandro Aronadio, ancora senza distribuzione nonostante il sold out alla Mostra, e Indivisibili di Edoardo De Angelis, passato con grande successo nella sezione delle Giornate degli Autori. Piuma avrebbe forse trovato maggior fortuna critica in una collocazione laterale, allineandosi ad altri eccellenti italiani fuori dal concorso.


Come Francesco Munzi con Assalto al cielo o Cristiano Bortone con Caffè, e accreditandosi senza troppe polemiche come commedia godibile, scanzonata e di sicuro appeal per il pubblico («Mi dispiace per i fischi ma sono felice che in tanti abbiano riso», ha risposto Johnson sull’accoglienza in sala). Un passo falso che finisce per mettere in secondo piano non solo il valore del prodotto, ma anche quello che poteva diventare un tema “caldo” in tempi di fertility day: «Il protagonista del mio film sarà anche ingenuo, ma una piccola cosa in testa ce l’ha - ha commentato il regista - e cioè che la scelta di avere o no un figlio è della donna. Questo, i politici, mi sa che non l’hanno ancora capito». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino