«Il silenzio, in alcuni casi, suona come una condanna ed è per questo che voglio precisare alcuni fatti». Inizia così il lungo post che poche ore fa...
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«È da anni - ha spiegato Bova - che subisco continui controlli, sequestri preventivi, interrogatori e richieste di pagamento da parte dell'Agenzia delle Entrate, risultate e giudicate poi infondate. Preciso che ho sempre pagato il dovuto e non sono stato condannato per evasione fiscale (nè per altri reati), ma sono stato condannato in primo grado semplicemente a causa di un contratto che ho stipulato con la mia società di produzione che curava e gestiva, in assoluta trasparenza, la mia immagine: contratto lecito e utilizzato da moltissimi protagonisti del mondo dello spettacolo in Italia e all'estero».
Una precisazione a cui l'ex nuotatore tiene molto, come spiega a seguire: «Il Tribunale penale di Roma - aggiunge infatti - ha ritenuto tale contratto, suggerito e gestito dal mio commercialista dell'epoca, illecito, mentre altri Giudici, quelli Tributari di Roma, lo hanno considerato a tutti gli effetti lecito e valido. Sono colpevole solo di non essermi laureato in Economia e Commercio e di non essere stato in grado di gestirmi da solo la contabilità. Mi sono affidato ad un professionista che ha operato, per quanto nelle mie conoscenze, in completa trasparenza. Vedremo quello che succederà nei prossimi gradi di giudizio. Spero che i giudici dell'Appello restituiranno spazio alla certezza del diritto. Così come spero che la mia dignità, ingiustamente trascurata e addiritturacalpestata, ritorni ad avere il rispetto che merita anche da parte dei poteri mediatici, che mi hanno trattato come fossi un delinquente comune e un truffatore fiscale, coinvolgendo nel disonore la mia famiglia e provocando la rottura di miei importanti contratti pubblicitari».
Parole dense di amarezza insomma da cui in ogni caso traspare però ancora un atteggiamento positivo verso il futuro: «Malgrado tutto - conclude Bova - ho fiducia nella giustizia e attendo che i miei diritti e la mia immagine vengano ripristinati da una giusta sentenza nel rispetto dei tempi e delle regole». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino