Rupert Everett è in Italia da scorso gennaio e ci resterà fino alla fine di giugno, impegnato sul set nei panni del feroce Inquisitore nelle otto puntate della serie...
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«Questa sceneggiatura l'ho scritta dieci anni fa», ricorda il divo inglese, «ma a lungo non sono riuscito a trovare chi mi producesse il film. La mia carriera era in un momento di stallo e, siccome volevo continuare a lavorare nel cinema, ho pensato che per recitare un bel ruolo avrei dovuto scrivermelo da solo. Qualcuno mi ha proposto di far interpretare il film a Philip Seymour Hoffman, un grandissimo attore, ma io questo Oscar Wilde l'avevo scritto per me, così ho rifiutato. Nello scrittore ho messo tutto me stesso, sono orgoglioso di averlo reso un personaggio umano e fuori del mito, un genio con tante fragilità».
Ma non si tratta solo di cinema e scrittura: «Il mondo del cinema è sempre stato un club di maschi aggressivamente eterosessuali. Ora le cose stanno cominciando a cambiare, ma è un processo lento e una volta che sei fuori da questo club prima o poi vai a sbattere contro un muro di pregiudizi. Ho avuto le mie prime esperienze di giovane adulto negli anni '70, non posso dimenticare che l'omosessualità in Inghilterra è stata considerata reato fino al 1968, insomma quanto passato da Wilde mi tocca direttamente. The happy prince racconta un uomo distrutto dal cosiddetto sentire comune. Ma questo succede ancora oggi agli omosessuali in Russia, in Giamaica, in India e in Cina. Se poi vediamo l'espandersi di movimenti razzisti e omofobi come l'Ukip in Gran Bretagna e la Lega in Italia non c'è da stare tranquilli. L'omofobia è sempre più diffusa: basta pensare alla città di Genova che ha tolto il suo sostegno al Gay Pride, certo è un segnale piccolo, ma preoccupante, dobbiamo rimanere sempre vigili».
Una parte del film, Rupert l'ha girata a Napoli, innamorandosene pazzamente: «Ho voluto Smostrare una città molto più affascinante della Roma della Grande Bellezza. Un luogo dove ogni angolo nasconde una storia, come le leggende legate al Cimitero delle Fontanelle e ai suoi riti. È una città incredibile oggi come nel 1899, ai tempi in cui vi soggiornò Oscar Wilde. È stato proprio in quegli anni, di poco successivi all'unità d'Italia, che è cominciata la distruzione di Napoli. La serie Gomorra è una fantastica opportunità per gli attori, ma non credo faccia bene alla città, la riduce a un clichet: Napoli è molto di più». Che Napoli affascini Everett lo conferma il fatto che abbia tentato inutilmente di acquisire i diritti per una riduzione cinematografica di «Napoli '44», il testo di Norman Lewis già portato recentemente sullo schermo da Francesco Patierno.
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Il Mattino