Sanremo, Favino al debutto: «Il Festival? Lo guardano tutti, anche gli pseudo intellettuali»

Sanremo, Favino al debutto: «Il Festival? Lo guardano tutti, anche gli pseudo intellettuali»
«Non avrei mai immaginato di presentare il Festival. Ieri un mio amico mi ha chiamato e continuava a dirmi: 'Non ci posso credere!'. Era uno di quelli con cui facevo...

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«Non avrei mai immaginato di presentare il Festival. Ieri un mio amico mi ha chiamato e continuava a dirmi: 'Non ci posso credere!'. Era uno di quelli con cui facevo i gruppi d'ascolto. Li abbiamo fatti tutti, no? Ci si trova a casa di uno o dell'altro, si ascoltano le canzoni, si parla malissimo di tutti, si scrivono dei fogliettini con il nome del vincitore e si scommette qualcosa... Io ho azzeccato solo una volta, Riccardo Cocciante che cantava Se stiamo insieme. Ma fu un imbroglio: avevo cambiato il mio bigliettino all'ultimo momento, quando già sapevo della vittoria».


Così Pierfrancesco Favino racconta in esclusiva a Vanity Fair - che lo mette in copertina del numero in edicola da mercoledì 31 gennaio - la sua imminente avventura alla conduzione del 68 Festival della Canzone Italiana al fianco di Claudio Baglioni e Michelle Hunziker. «Di Baglioni - dice Favino a Vanity - conosco le canzoni, per averle cantate sotto le docce di tutta una vita, Michelle l'avevo vista in tv... Volevo provare a fare qualcosa di diverso, che non so ancora se so fare, spero di sì. Ho accettato la proposta di Baglioni perché mi ha detto: 'Nemmeno io l'ho mai fatto, proviamò. Michelle è, dei tre, l'unica che ha esperienza... Non fanno altro che ripetermi tutti: non sai, vedrai, un incubo. Io per il momento faccio come le scimmie: non vedo, non sento e non parlo. E coltivo anche la speranza di divertirmi un pò. Sbaglierò? Pazienza. Non ho paura di sbagliare, ma lo dico davvero. Grazie a Dio ho già la mia piccola collezione di fallimenti, li tengo cari».


Di Sanremo, l'attore dice che è «lo specchio del Paese e anche un rito famigliare, io per esempio conoscevo molto più i nomi dei cantanti che quelli dei calciatori, è un'istituzione popolare, e non è una parolaccia. È anche il 'si guarda ma non si dicè degli pseudo intellettuali... Io sono pop, non sono Umberto Eco e si vede. Non sono un uomo particolarmente colto. Sono quello che alle cene faceva ridere... Per me non c'è nessun contrasto tra il teatro, il cinema e Sanremo... Credo che ci sia una grande frattura, tra il cinema e la gente, e lo dicono anche i numeri. Però non è sempre stato così, io mi ricordo Mastroianni e Tognazzi che facevano le capriole a Studio Uno, ma rimanevano le grandissime star che erano... L'Ariston è il posto dove posso dire: io sono questo, anche questo»..
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Il Mattino