Il fake è così credibile che tra gli addetti ai lavori c’è qualcuno che l’ha scambiato per «un cantante neomelodico vero, di quelli che...
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«È dal 2012 che con il regista Valerio Vestoso abbiamo creato il personaggio di Enzo Savastano per mettere in parodia una certa scena musicale che, per estrazione, conosciamo molto bene», racconta divertito Antonio De Luca, 29 anni, beneventano, fenomeno del momento con «Una canzone indie», pastiche neomelodico che irride una scena ben più «snob» e di moda, quella indie, appunto, anzi «indi», come canta Savastano/De Luca in un video «indissimo» anche per lo stile povero del girato. «Chiedo scusa se ho trovato un nuovo accordo/e per errore ho scritto un pezzo indi»: sin dall’incipit si sfotticchia la scena alternativa del momento, con tanto di citazioni esplicite («Pensare che era ieri che cantavi a squarciagola Tommy Riccio e mo’ ti senti l’indi. Eppure come padre, giuro, ce l’ho messa tutta/ ma aggia’ sape’ che figliema va pazz’ pe’ Calcutta/ Tua madre me l’ha detto che ogni volta che sto fuori/ ti chiudi dint’’a stanzetta coi dischi di Brunori»). «Indi» per lui vuol dire «sostituire le pianole con i sinti, levare tutti i cori finti», suonare in clubbini che sono stanzine, citare Bologna nei testi, vantarsi in pubblico dei premi vinti, farsi crescere un po’ di barba, «dire basta anche al sassofono di Lello, chitarra e pianoforte e attacca il ritornello». Un piccolo must in rete, postato e ripostato, likato e linkato: «Tutto è cominciato prima di “Gomorra”, l’alias è casuale, e oggi in giro anche dalle nostre parti ci sono forse più musicisti indie che neomelodici».
Tracce del suo gioco Savastano le aveva già lasciate in «Campomarino» e in «Reggae neomelodico»: il primo trashissimo brano da lido estivo, il secondo improbabile crossover tra il mondo del concertone del Primo Maggio e quello di Rosario Miraggio (Ok, la rima è giusta).
Il Mattino