Si prolunga lo sciopero dei doppiatori italiani per il mancato rinnovo del contratto di lavoro

La mobilitazione va avanti dal 21 febbraio e tra i motivi della protesta anche l'utilizzo dell'intelligenza artificiale

Lo sciopero dei doppiatori italiani
Dal 21 febbraio, l’Associazione nazionale attrici e attori doppiatori, gli assistenti e tutte le figure professionali che concorrono alla realizzazione del prodotto doppiato, sono in sciopero....

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Dal 21 febbraio, l’Associazione nazionale attrici e attori doppiatori, gli assistenti e tutte le figure professionali che concorrono alla realizzazione del prodotto doppiato, sono in sciopero.

Il malcontento si deve in primis al mancato rinnovo del contratto di lavoro di categoria (fermo al 2008) e all’inesistente regolamentazione relativa a ritmi di lavoro sempre più serrati.

In aggiunta, lo spauracchio dell’intelligenza artificiale, quale possibile strumento sostitutivo dell’uomo, pende come una spada di Damocle sull’intero settore. Per tali ragioni, Anad ha comunicato il prolungamento dello sciopero.

Un periodo in cui il cinema sarà “muto”, con un conseguente ritardo sulla consegna dei prodotti stranieri (film e serie tv) di grande successo, in onda su piattaforme quali Netflix, Amazon Prime Video, Apple Tv, Now Tv e Disney+.

A denunciare la triste situazione, Christian Iansante, uno dei più importanti doppiatori italiani.
Per intenderci, e solamente per citarne alcuni, è la voce di Bradley Cooper, Ewan McGregor, Jeremy Renner, nonché voce ufficiale di Disney Plus e di emittenti radiofoniche come Radio24.

«Con l’arrivo delle multinazionali che hanno acquisito i più importanti studi di doppiaggio italiani e in nome del profitto, i turni di lavoro sono diventati sempre più massacranti. Un film che fino a qualche tempo fa veniva doppiato in un mese, adesso deve essere consegnato nel giro di una settimana. Cosa che per i lavoratori si traduce in un dimezzamento della paga, mentre la distribuzione risparmia il 50% sul costo delle sale e dei professionisti coinvolti nella realizzazione di un lavoro. E non sono solo i doppiatori a dover correre: deve correre l’adattatore, il fonico di mix e tutta la squadra in generale, perché più corri e più i costi si abbassano. La velocità, però, lede la qualità dei prodotti».

Parliamo di patrimonio culturale tricolore che vanta oltre 1.500 professionisti, 50 società specializzate e più di 100 milioni di euro l’anno di fatturato.

«Ma non finisce qui» - prosegue Iansante - «anche in tema di cessione dei diritti stiamo messi male. I contratti che dobbiamo sottoscrivere prima di accettare un lavoro di doppiaggio, prevedono che la nostra voce possa essere liberamente utilizzata da più soggetti del settore. Questo significa che possa essere ‘sfruttata’ anche da grosse compagnie, specializzate nell’intelligenza artificiale. Cosa che alimenta i rischi di un uso improprio della stessa, a danno dei professionisti. Per fare un esempio, le voci italiane di tanti famosi attori stranieri – come Julia Roberts o Leonardo Di Caprio – possono essere riprodotte, usando la tecnologia digitale».

E in effetti, Iansante ha sperimentato a sue spese l’utilizzo improprio della sua voce. «Io e David Chevalier abbiamo realizzato un cartone animato cult fra i giovani. Mi riferisco a ‘Rick and Morty’, in onda su Netflix, in cui io interpreto Rick e David è Morty. Ebbene, un paio di mesi fa, sono stati trasmessi in rete degli sketch di Rick e Morty con le nostre voci ma il problema è che non eravamo noi i doppiatori Insomma, hanno replicato le nostre voci. Ma al di là di questo, come già sottolineato, avendo dovuto cedere i diritti sulle nostre voci pur di non perdere il lavoro, chiunque le può utilizzare a suo piacimento. Pensate che in alcune liberatorie c’è scritto che la nostra voce sarebbe state ceduta per sempre e ovunque! Ed è questo un altro aspetto molto preoccupante dell’Ai. Si tratta di una questione delicata che, a mio avviso, necessita di una tutela a livello normativo».

Effettivamente, quelli del noto doppiatore italiano sono dei dubbi legittimi, che ci pongono davanti a un “vulnus normativo” non indifferente. La domanda sorge spontanea “e se la replicazione di un timbro venisse impiegata per sbloccare le password su quelle applicazioni (quasi tutte) dotate di riconoscimento vocale?.

«Firmando la liberatoria, la mia voce è stata inserita dentro un plugin allenato a parlare come me. In pratica, ha le mie stesse intonazioni, il mio stesso modo di arrabbiarsi, lo stesso modo di piangere, di ridere, di essere ironico. Addirittura c'è una startup israeliana con sede a Tel Aviv, che sta progettando di far parlare gli attori con le loro voci anche in altre lingue. Cioè Robert Deniro parlerà con la sua voce in Francese, in italiano, in tedesco» aggiunge Iansante.

Un altro aspetto rilevante risguarda il lato umano. «Se è inevitabile che non possiamo fermare la tecnica e la tecnologia»- fa notare il noto doppiatore- «bisognerebbe tuttavia chiedersi se vogliamo davvero essere sostituiti da una macchina, tenendo soprattutto conto che non potrà mai trasferire emozioni. Una macchina non ha l’anima, la psyche, quel fuoco sacro fatto di sfumature che solo una voce umana può regalare».

«Lotteremo democraticamente, scioperando collettivamente in nome della sacralità del lavoro. In una delle frasi più celebri del film Blade Runner, si diceva che ‘ogni progresso della civiltà è nato sulle spalle degli schiavi e i replicanti sono il futuro. Ecco, a questo scenario non più solo futuribile, noi diciamo fermamente no».

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Il Mattino