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Il castello Aragonese, le fumarole dei Maronti, il fungo di Lacco Ameno: le telecamere tornano ad essere puntate su Ischia per «Il mio regno per una farfalla» di e con il cinquantunenne napoletano Sergio Assisi, anche sceneggiatore. Cast veracissimo con Giobbe Covatta, Benedetto Casillo, Barbara Foria, Tosca D'Aquino, la giovanissima Anna Tangredi, Nunzia Schiano e Giovanni Ferreri.
Donnaiolo, bugiardo, ma estremamente carismatico, Sasà (Assisi) è il figlio illegittimo di un barone. Senza un soldo, elargisce consigli in cambio di «donazioni, un classico dell'arte partenopea dell'arrangiarsi. Le riprese del film, prodotto da Gianluca Varriale e Alessandro Riccardi per Vargo, in collaborazione con Quisquilie Production, sono cominciate da qualche settimana sull'isola verde, dove la storia è interamente ambientata, toccando tutti i comuni di Ischia.
Assisi, come nasce la storia di Sasà?
«Come sempre da un calderone di suggestioni: sogni, cose che mi succedono, vicende personali: ad esempio, quella volta che una vespa mi ha punto in un modo particolare è diventata uno sketch.
Il film, oltre a episodi della sua vita, è pieno di citazioni.
«Volevo che la mia storia parlasse anche dei miei autori preferiti, Totò, Eduardo De Filippo e Massimo Troisi. Volevo che la storia fosse velata di malinconia, richiamando un mondo che oggi non esiste più. Vorrei che i giovani si incuriosissero e andassero a ricercare gli artisti di un tempo. Sono certo che i ragazzini di oggi non conoscano il mondo teatrale di Scarpetta, ad esempio».
Torniamo a Sasà?
«È un uomo sulla cinquantina che ha una visione di se stesso che non coincide con la realtà. È un po' fuori dal mondo, si arrangia per vivere, porta in giro sull'isola le turiste che lo ripagano con laute mance, mangia e beve a scrocco tra bar e ristoranti che riesce sempre a raggirare, si circonda di donne... È benvoluto da tutti, non perché sia particolarmente piacente, ma grazie alla sua spiccata simpatia. È un nullafacente, non ha mai lavorato neanche un giorno in tutta la sua vita, finché l'universo non lo mette di fronte a una condizione che deve necessariamente affrontare. Sasà scoprirà l'amore, che lo costringerà ad uscire dalla sua condizione di totale irresponsabilità».
Che cosa ha in comune con lui?
«Io sono afflitto dalla stessa sindrome di Peter Pan che colpisce Sasà. Come lui ho una visione fanciullesca dell'esistenza. La vita è un gioco e io voglio giocare fino alla fine e portare con me i miei compagni di gioco, esattamente come fa Sasà. Poi, come lui, punto sulle risate per conquistare le donne. Da adolescente non ero chissà quanto bello e prendevo parecchi due di picche, poi ho capito qual era la mia strada: dovevo far ridere».
Progetti?
«All'inizio del 2024 sarò in prima serata su Raiuno con Sabrina Ferilli per la miniserie di tre puntate "Gloria", storia di una diva del cinema non si arrende al passare del tempo». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino