Tea Falco pronta per “1993”: «Le critiche non mi interessano, vado avanti»

Tea Falco
Cento progetti, mille sogni e una nuova avventura a puntate in arrivo. Tea Falco sta vivendo un periodo d’oro in attesa dell’arrivo in tv di 1993, sequel di 1992 con...

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Cento progetti, mille sogni e una nuova avventura a puntate in arrivo. Tea Falco sta vivendo un periodo d’oro in attesa dell’arrivo in tv di 1993, sequel di 1992 con Stefano Accorsi, in onda il 16 maggio su Sky Atlantic HD.


Al Cortinametraggio ha ripercorso il suo viaggio artistico prima di tornare nei panni di Bibi Mainaghi, un ruolo che l’ha resa un caso mediatico. Che si ami o che si odi il suo personaggio, una cosa è certa: non si può far a meno di parlare di lei.

Che cosa ci si aspetta da “1993”? «Se 1992 era bello allora 1993 lo sarà ancora di più. E non ho alcun timore a tornare ad essere Bibi, nonostante le critiche. Ognuno deve esprimere il suo giudizio, d’altronde viviamo in un paese libero, ma io ho deciso di non leggere quello che si dice di me».

Perché? «L’educazione ricevuta in famiglia mi ha insegnato che non si devono ferire gli altri e che una critica è giusta se è volta ad un miglioramento».

L’hanno criticata per la pronuncia. «Ho cercato di fare qualcosa di nuovo, con una voce diversa dalla mia, ed è stato un percorso che in pochi attori fanno ed evidentemente non sempre viene apprezzata una novità ma per ottenere un cambiamento prima o poi questo scontro con il vecchio serve».

Ha sempre tanti progetti in ballo, non sarà mica iperattiva? «No, ho un deficit d’attenzione quindi mi stufo in fretta. A breve debutto alla prima regia nel documentario di Sky Arte Ceci n’est pas un Cannolo, parafrasando Magritte, un esperimento sociale su uno spaccato della Sicilia».

Quando ha deciso di fare l’attrice? «A quattro materie dalla laurea a Catania mi sono chiesta: “Che sto facendo?”. E ho mollato tutto, fidanzato incluso, per andare a Roma».

Prossima tappa? «Mi divido tra Francia e Los Angeles, vorrei lavorare con i più grandi, come Javier Dolan e i Coen, Garrone e Sorrentino o magari di nuovo per Bertolucci». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino