“Viviamo in un mondo crepuscolare”, ripetono gli eroi di Tenet. John David Washington (figlio di Denzel), Robert Pattinson, Elizabeth Debicki, Kenneth Branagh...
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Tenet, titolo palindromo di un film attesissimo - ancor di più perché rinviato causa pandemia e ora tra i primi blockbuster a cercare di riportare il pubblico in sala, con le dovute precauzioni - è un'esperienza cinematografica avvolgente, per i sensi e per la mente. Un'esperienza che non poteva proprio rinunciare al grande schermo: girata con un mix di pellicola 70mm e Imax in sette diversi Paesi (tra cui l'Italia, Costiera Amalfitana), è votata alla massima spettacolarità, tanto visiva quanto sonora, meno all'approfondimento dei personaggi, dello spunto narrativo di un pianeta (che si è messo) in grave pericolo e della riflessione su quanto la conoscenza possa salvare, o al contrario, distruggere.
Tenet trascina lo spettatore in andirivieni – anzi “inversioni” - temporali da far girar la testa, unisce le dinamiche spy e le entusiasmanti scene action a tempo invertito alla seduzione fantascientifica, con i paradossi tanto amati da Nolan e la sfida (persa in partenza, ma comunque avvincente) di rimettere insieme tutti i pezzi di incastri temporali affascinanti quanto aggrovigliati. Ma se in Dunkirk il tempo era l'elegante direttore d'orchestra che esaltava una narrazione fondata sulle storie che hanno fatto la Storia, in Tenet il tempo è forma e contenuto, è colui che regola e che viene regolato, al punto che il film finisce per essere schiacciato dal suo stesso, complesso gioco spettacolare. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino